Tutti quanti lo hanno detto e ripetuto: per capire se l’accordo di Minsk2, su cui poggiano le speranze di una pace in Ucraina, potrà avere più fortuna di quello che lo scorso settembre è miseramente naufragato, le prossime ore saranno cruciali. Il cessate il fuoco scatterà solo alla mezzanotte di sabato, ma i segnali di queste prime ore post intesa non lasciano davvero ben sperare. Certo, da una parte e dall’altra, c’è l’interesse a guadagnare terreo e a tentare di regolare con la forza quante più questioni in sospeso possibile, così che tutto sia “congelato”, a partire da domenica, nella situazione più vantaggiosa. Fatto sta che ancora in queste ore si continuano a contare i morti: secondo il portavoce delle forze armate ucraine, Andrii Lisenko, negli ultimi combattimenti sono stati uccisi 11 soldati e altri 40 ne sono rimasti feriti, mentre i ribelli parlano di almeno sette civili, tra cui tre bambini, morti nei bombardamenti che si sono abbattuti sui territori occupati dai separatisti dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk nelle ultime 24 ore. Le autorità ucraine hanno anche denunciato, mentre ancora erano in corso i negoziati a Minsk, l’ingresso nel sud-est del Paese di una colonna di 50 carri armati e altri mezzi militari russi.
Polveriera che potrebbe fare naufragare il fragile tentativo di pace è soprattutto Debalsteve, cittadina situata a metà strada tra le roccaforti secessioniste di Donetsk e Lugansk, e il porto di Mariupol (ancora in mano a Kiev) e snodo ferroviario strategico. Qui i ribelli dicono di avere circondato migliaia di soldati ucraini ai quali chiedono di arrendersi, circostanza che il governo ucraino invece nega. “I reparti ucraini che si trovano nella sacca, anche dopo l’inizio della tregua naturalmente cercheranno di uscirne violando il regime del cessate il fuoco”, ha già messo in conto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, quindi “potenzialmente – dice – esiste un grande pericolo”. “Voglio che nessuno si illuda: la strada verso la pace è ancora lunga” è tornato a ribadire oggi anche il presidente ucraino, Petro Poroshenko. “Nessuno – ha aggiunto il capo di Stato – è fortemente convinto che le condizioni di pace stabilite a Minsk saranno applicate rigorosamente”.
Che gli esiti del piccolo passo avanti fatto con il nuovo accordo siano davvero incerti, l’Europa lo sa bene e così tenta di mantenere alta la pressione sulla Russia ricordando che, qualora ci dovesse essere un fallimento anche di Minsk2, allora le misure contro l’economia russa torneranno sul tavolo. “Se l’accordo non funziona, non escludiamo di imporre ulteriori sanzioni”, ha avvertito chiaramente la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Se gli sforzi non saranno trasformati in una “reale de-escalation” sul terreno, “non esiteremo a fare i passi necessari”, ha fatto eco il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Intanto, a partire da lunedì, scatterà il nuovo pacchetto di sanzioni individuali contro 19 individui (di cui 5 russi) e 9 entità che l’Ue aveva già previsto ma di cui aveva rimandato l’applicazione per non disturbare le trattative a Minsk.
Proseguono anche gli sforzi diplomatici per tentare di limare un accordo su cui rimangono diversi nodi da sciogliere, come la linea di demarcazione del confine orientale e il futuro status giuridico di quell’area del Paese. Il portavoce del Cremlino ha fatto sapere che “una conversazione telefonica nel formato Normandia”, e cioè tra i leader di Francia, Germania, Russia e Ucraina, potrebbe svolgersi “dopo che inizierà l’implementazione reale del complesso di misure concordato a Minsk”. Secondo quanto riferito dall’ufficio stampa del presidente kazako Nursultan Nazarbaiev, che avrebbe parlato con la cancelliera tedesca, Angela Merkel, nei prossimi giorni potrebbe invece svolgersi un vero e proprio nuovo summit dei quattro ad Astana.