L’operazione europea Triton è inadeguata perché non risponde al bisogno dell’Ue di avere un efficace sistema di ricerca e salvataggio. Mentre cresce il bilancio dell’ultima tragedia del mare davanti alle coste di Lampedusa e si arrivano ad ipotizzare fino a trecento morti, continuano a piovere le critiche sull’operazione Ue che dal primo novembre ha di fatto sostituito l’italiana Mare Nostrum. A puntare il dito anche il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muiznieks che su Twitter dichiara: “Un’altra tragedia nel Mediterraneo che si poteva prevenire”. Certo non con questi mezzi perché “l’Europa ha bisogno di un sistema di ricerca e salvataggio efficace e Triton non risponde a questi bisogni”. Per il Consiglio d’Europa l’Unione europea dovrebbe insomma immaginare un’operazione che, sotto il cappello europeo, non si limiti solo al pattugliamento delle frontiere ma si occupi anche di ricerca e salvataggio ponendo l’accento sul salvataggio di vite umane e non solo sulla sicurezza. L’altra richiesta è quella di una maggiore “apertura geografica” che superi il limite di Triton di pattugliare soltanto le acque a trenta miglia dalla costa.
“L’Unione europea e i suoi stati membri devono abbassare la testa per la vergogna” perché “stanno emergendo le prevedibili conseguenze dell’assenza di una sostituzione adeguata dell’operazione Mare Nostrum da parte dell’Ue”, attacca anche il direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International, John Dalhuisen, aggiungendo che “gli stati membri dell’Ue devono smetterla di nascondere la testa sotto la sabbia”.
Triton “non è sufficiente” nemmeno per il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni che in un’intervista a SkyTg 24 ammette: “non c’è dubbio” che l’operazione Ue “nelle dimensioni è un’operazione più ridotta rispetto a Mare Nostrum” ed “è un inizio, non è sufficiente”. Mare Nostrum, ha proseguito il ministro degli esteri “era un impegno notevolissimo, e dobbiamo europeizzarlo. Ma europeizzarlo non vuol dire fare passi indietro sul fronte dell’impegno umanitario. Ed europeizzare il problema non vuol dire ridurre la dimensione dell’intervento. Ci vuole uno sforzo in più da parte dei 28”.
Dal canto suo la Commissione tenta di placare gli animi, ricordando: “Puntare il dito contro qualcuno non ci porterà da nessuna parte”, ma “sul tema immigrazione sappiamo che deve essere fatto di più. Commissione, Stati membri e agenzie europee devono agire tutti assieme”, ammette la portavoce dell’esecutivo Ue, Natasha Bertaud. Molto insomma deve essere fatto anche dagli Stati: “Se vogliamo parlare seriamente di migliorare la situazione – continua Bertaud – dobbiamo anche parlare di adeguati finanziamenti per Frontex: 90 milioni annui di budget non sono adeguati al compito di proteggere le frontiere comuni Ue” e serve che gli Stati “mettano più soldi per rafforzarne il lavoro”.