Voci nei corridoi europei, roba di poltrone a dodici stelle, indiscrezioni da basso indice di ascolto globale e ottimo indice di gradimento locale, come la musica classica su Rai3 in seconda serata. Ogni tanto tocca farlo. Adesso, per esempio.
Il grande pubblico non attende con ansia la nomina del segretario generale della Commissione europea. È comprensibile, anche se si tratta del posto da funzionario più importante dell’Unione europea. Chi l’ottiene, e chi lo controlla, guadagna un’influenza centrale nella determinazione delle scelte dell’esecutivo comunitario, che è allo stesso tempo ufficio legislativo dell’Ue e garante del rispetto delle regole che gli stati membri si danno.
Da dieci anni l’incarico è coperto dall’irlandese Catherine Day, classe 1954, una donna di ferro che non ama i mezzi termini. L’ha nominato il presidente Barroso di cui è stata gran commis per due mandati a Palazzo Berlaymont. Ora capita che da diversi mesi si dica che la signora Day sia sul punto di passare la mano e, dietro le quinte, si fanno un paio di nomi buoni.
Il cambio della guardia dovrebbe avvenire in primavera. Dovrebbe.
In effetti l’ultima che si sente dire è che Jean Claude Juncker, attuale numero uno della Commissione, stia ragionando sull’opzione di confermare la signora Day per due anni. Dopo un decollo complesso, i rapporti fra la signora irlandese e lo staff dell’ex premier del Gran Ducato sarebbero ben funzionati. Così il lussemburghese avrebbe deciso di utilizzare ancora l’esperienza del direttore in carica per garantire stabilità della prima parte del suo quinquennio. Del resto la Signora Day è gradita sia a popolari che ai tedeschi. Una garanzia, gli pare.
L’idea sarebbe poi di sostituirlo con l’attuale direttore del servizio giuridico, l’altra unità (oltre il segretariato generale) che dipende direttamente dal presidente. È lo spagnolo Luis Romero-Requena, quota popolare pure, uomo di fiducia delle istituzioni, quello che era nella stanza quando Barroso licenziò il commissario maltese Dalli per la storia del tabacco e che, da allora, ha sempre difeso la Commissione in un contesto davvero insidioso. Come ti sbagli: l’alto funzionario è assai gradito a Berlino.
Se il piano fosse attuato, la vittoria tedesca sarebbe completata dalla promozione di Johannes Laitenberger – ex portavoce della Commissione e già capo di gabinetto di Barroso, funzionario esperto e navigato, anche lui decisamente gradito alla cancelleria federale – da vice a capo del servizio giuridico stesso. Sarebbe un piano che consentirebbe alla squadra filogermanica e cristiano democratica di avere un controllo pressoché totale del sistema nervoso della Commissione. Roba che, quando la racconti in giro, fa gelare il sangue ai mediterranei.
Vero o falso?
Ancora venerdì un diplomatico di gran rilievo ammetteva di non saperne nulla. “Ho sentito Catherine Day prima di Natale e mi è sembrato che avesse intenzione di lasciare”.
Sarà così. O forse no.