Sono i “combattenti stranieri” o “foreign fighters” in inglese. Sono quelle persone che vivono nei Paesi non islamici, soprattutto dell’Unione europea e che lasciano tutto per andare a combattere nei teatri di guerra tra le fila delle milizie jihadiste con il rischio che, una volta tornati da dove sono partiti, possano riportare la guerra di religione. Oggi i combattenti stranieri giocano un ruolo non marginale nel conflitto siriano e, a quanto pare, partono soprattutto da Belgio, Francia, Regno Unito, e Germania. L’Europa, però, sembra essersi accorta troppo tardi di un fenomeno non nuovo. Dal 1980 a oggi si stima che tra i 10mila e i 30mila i “combattenti stranieri” abbiano preso parte ai conflitti del mondo musulmano, e la dimensione del fenomeno è cresciuta con la cosiddetta “Primavera araba”. L’Europa si interroga su come rispondere a questo fenomeno che la espone a rischi per la sicurezza interna. Ma essendo sicurezza e difesa prerogative degli Stati Membri, una vera e propria strategia comune ancora non c’è. Un rapporto del Parlamento europeo fa il punto della situazione analizzando la situazione partendo dalle singole risposte nazionali. Come hanno risposto e come stanno rispondendo i governi in Europa? Ecco il quadro del Parlamento europeo:
Belgio: il regno ha una serie di norme penali che coprono una seria di reati legati ad attività terroristiche. Partecipazione a gruppi od organizzazioni terroristiche, incitamento ad atti terroristici, apologia del terrorismo, recrutamento di terrorismo e addestramento sono tutte pratiche punibili a livello penale. Ultimamente il Belgio ha esteso le conseguenze penali anche a chi riceve addestramenti per operazioni terroristiche. A seguito delle operazioni condotte a Verviers lo scorso 15 gennaio, il governo ha proposto una nuova legge antiterrorismo. Dodici le nuove misure proposte: si prevedono un aumento delle misure di ritiro della cittadinaza, il ritiro temporaneo della carte di identità, ritiro o mancata emissione del passaporto, la lotta al radicalismo religioso in carcere, il congelamento dei beni dei soggetti che finanziano attività terroristiche, possibilità di delegare all’esercito alcune missioni di sorveglianza. I poteri locali hanno il potere di annullare la residenza e, di conseguenza, l’accesso al sistema di welfare per tutti quelli che hanno fatto viaggi in Siria.
Danimarca: prevista la possibilità di sequestro dei documenti di viaggio (carta di identità, passaporti, visti) per tutte le persone di nazionalità danesi e tutti i cittadini dell’Ue sospettati di partecipazione ad attività jihadista. Per gli extracomunitari previsto il ritiro della residenza, il divieto di lasciare il Paese per motivi di sicurezza o il divieto d’ingresso. Prevista la possibilità di confisca dei passaporti anche ai minori. Per i combattenti stranieri che intendono fare ritorno, il governo offre speciali programma di re-inserimento: vengono offerte cure medico-sanitarie e un lavoro, così da favorire l’integrazione. Le persone suddette restano però segnalate alle autorità e alle forze dell’ordine e tenute sotto controllo.
Francia: prevista la possibilità di sequestro dei documenti di viaggio (carta di identità, passaporti, visti) per tutte le persone di nazionalità francese e cittadini dell’Ue sospettate di partecipazione ad attività jihadista. Per gli extracomunitari previsto il ritiro della residenza, il divieto di lasciare il Paese per motivi di sicurezza o il divieto d’ingresso. A gennaio di quest’anno il governo ha avviato una campagna di contro-informazione on-line creando una pagina ‘ad hoc’ per sensibilizzare sull’argomento e rispondere alla propaganda estremista. Il sito web (http://www.stop-djihadisme.gouv.fr) fa parte della nuova strategia di lotta al terrorismo. L’Eliseo ha anche annunciato il potenziamento della struttura anti-terrorismo con la creazione di 680 nuovi posti di lavoro nei prossimi tre anni e l’investimento di 425 milioni di euro nella sicurezza.
Germania: prevista la possibilità di sequestro dei documenti di viaggio (carta di identità, passaporti, visti) per tutte le persone di nazionalità tedesca e tutti i cittadini dell’Ue sospettati di partecipazione ad attività jihadista. Per gli extracomunitari previsto il ritiro della residenza, il divieto di lasciare il Paese per motivi di sicurezza o il divieto d’ingresso. A livello federale come a livello di singolo land si operano campagne di sensibilizzazione, con le autorità impegnate in “colloqui di rischio” (Gefährde-ansprachen) con le persone ritenute potenziali/aspiranti combattenti e quanti manifestano l’intenzione di partire verso teatri di guerra. Dopo gli attacchi di Parigi, il governo federale ha approvato la proposta del ministero di giustizia che prevede la criminalizzazione dei voli verso Paesi musulmani in guerra o dove si presume siano ospitati campi di addestramento.
Paesi Bassi: la legislazione prevede la possibilità di revocare la cittadinanza, ma solo per chi ha doppio passaporto. Le leggi del regno non consentono la negazione della cittadinanza olandese se questa comporta l’automatica determinazione dello status di apolide. Come nei casi danese, francese e tedesco, anche nei Paesi Bassi è prevista la possibilità di sequestro dei documenti di viaggio (carta di identità, passaporti, visti) per tutte le persone di nazionalità tedesca e tutti i cittadini dell’Ue sospettati di partecipazione ad attività jihadista. Per gli extracomunitari previsto il ritiro della residenza, il divieto di lasciare il Paese per motivi di sicurezza o il divieto d’ingresso. Stretta sulle famiglie: l’Agenzia per la protezione dei minori può sottrarre i figli alle cure dei genitori che intendono viaggiare verso zone di conflitto, affidandoli alla custodia dei servizi sociali o di sostegno all’infanzia. Prevista la possibilità di ritiro dei documenti di identità agli adolescenti intenzionali a combattere all’estero.
Regno Unito: è il Paese che si spinge più in là di tutti. Prevista anche qui la possibilità di sequestro dei documenti di viaggio (carta di identità, passaporti, visti) per tutte le persone di nazionalità britannica e tutti i cittadini dell’Ue sospettati di partecipazione ad attività jihadista. Per gli extracomunitari previsto il ritiro della residenza, il divieto di lasciare il Paese per motivi di sicurezza o il divieto d’ingresso. Prevista la possibilità di revoca della nazionalità ai cittadini britannici naturalizzati per ragioni di “bene pubblico” o in caso di “serie minacce” alla sicurezza pubblica. La cittadinanza si revoca anche se ciò comporta casi di apolidia. In nome della sicurezza nazionale prevista la possibilità di arresti preventivi di persone sospette. Il governo britannico dispone inoltre di una piattaforma on-line, la Counter-Terrorism Internet Referral Unit (Ctiru), dove la cittadinanza può segnalare casi di sospette attività terroristiche.
Italia: il nostro Paese non è oggetto dello studio del Parlamento, ma è quello che negli ultimi tempi ha cercato di dar vita a una dimensione più europea del problema. Sotto presidenza di turno del Consiglio Ue l’Italia ha proposto la creazione di un gruppo per la condivisione delle informazioni sul flusso di potenziali terroristi e combattenti stranieri. Sembra esserci l’interesse di una decina di Paesi (Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno Uniti, Spagna e Svezia). A livello più nazionale il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha proposto nuovi controlli e restrizioni “a chi pensa di andare in teatri di guerra stranieri” e “l’estensione di misure già esistenti contro mafiosi e soggetti particolari a potenziali combattenti stranieri non siriani ne’ iracheni ma europei o italiani che possono dare fenomeni di ‘reducismo’ ovvero che radicalizzati tornano nel paesi di origine, anche in Italia, a fare dei possibili attentati”. Sempre Alfano ha annunciato una norma per “la punibilità di colui che radicalizzato vuole andare a combattere anche se non è il reclutatore che potrebbe essere già punito in base al codice penale vigente”.
A livello comunitario la strategia anti-terroristica di arginazione dei ‘foreign fighters’ si è posta solo su iniziativa degli Stati Uniti, con cui l’Ue ha siglato accordi di cooperazione. Il principale è quello sulla registrazione dei dati dei passeggeri aerei, noto come Pnr (dall’acronimo Passenger Name Record), siglato nel 2012 e sottoscritto successivamente anche con Canada e Australia. In precedenza, nel 2010, l’Ue ha sottoscritto con Washington gli accordi “Swift”sul trattamento e il trasferimento di dati di messaggistica finanziaria dall’Unione europea agli Stati Uniti ai fini del programma di controllo delle transazioni finanziarie dei terroristi. A giugno 2013 il consiglio Giustizia e affari interni ha sostenuto la necessità di sviluppare azioni comuni in sei aree: migliore comprensione del fenomeno dei foreign fighters, prevenzione del radicalismo, rilevamento dei viaggi sospetti, indagini e condanne, gestione delle persone che tornano, cooperazione con i Paesi terzi. A gennaio 2014 la Commissione Ue pubblica la comunicazione per la prevenzione della radicalizzazione, approvata dal Consiglio. Attualmente un dibattito sulla necessità di un Pnr europeo e un miglioramente del sistema Schengen è in corso.