Il Ttip, il trattato di libero scambio tra Europa e Stati Uniti non avvantaggerà solo le multinazionali ma sarà invece una grande opportunità soprattutto per le Piccole e medie imprese che altrimenti “resteranno sempre tagliate fuori da uno scenario tanto importante” come quello statunitense. Per questo l’Italia “deve mostrarsi compatta, al di là dei colori politici, per vincere questa partita straordinariamente importante”, in cui i socialisti europei “invece di pensare alle linee rosse dovrebbero concentrarsi sull’abbattere i muri”. È l’opinione di Salvatore Cicu di Forza Italia, responsabile del dossier per la delegazione italiana del Ppe.
Intorno a questo accordo però i dubbi e le perplessità non sono poche
“La discussione è ancora agli stadi iniziali, è chiaro che dobbiamo fare tutte le verifiche necessarie nell’interesse del sistema produttivo italiano. Non dimenticandoci che stiamo parlando di un’area di libero scambio tra le più grandi al mondo, tra due economie che insieme rappresentano il 50% del Pil mondiale e il 30% in beni e servizi. Potrebbe far risparmiare ogni anno l’equivalente di 545 euro a famiglia e portare 132 miliardi di stimolo per l’economia europea”
Non teme che ne beneficeranno solo le grandi multinazionali ed aziende?
“No, al contrario. Loro non hanno bisogno di questo accordo per penetrare nel mercato statunitense. In Italia invece il nostro sistema è rappresentato al 98% da Pmi, imprese che non hanno strumenti, dimensione e cultura per realizzare un processo di internazionalizzazione e avere una presenza su uno scenario di questo livello”
E lei crede che con il Ttip lo avrebbero?
“Il Made in Italy i porta a casa intorno ai 3 miliardi anno l’anno, l’italian sounding, ovvero i prodotti taroccati, ne porta 24 miliardi. Questo che significa? Che c’è un mercato in prospettiva che guarda all’origine italiana. Ci sono nicchie d’eccellenza nel nostro Paese che dobbiamo sostenere. È evidente che la grande sfida sarà il riconoscimento delle Identità geografiche tipiche: formaggi, carni, vini, oli etc. Negli Usa ci sono ancora dazi e regole che frenano il loro ingresso”.
La battaglia per il riconoscimento delle Igp è una delle più dure oltreoceano
“È stata dura anche quella con il Canada, ma alla fine ne abbiamo ottenute 145. È una partita che interessa tutta Europa ma che può essere straordinariamente utile per l’Italia per spovincializzarsi. In Italia dobbiamo fare gruppo, al di là dei colori politici, per questo sono felice che tra noi e i Democratici sia in corso un ragionamento responsabile e consapevole”
Il Pse ha posto diversi paletti, parlando di “linee rosse che non si possono superare”
“Io credo che in questo momento sia meglio non parlare di linee rosse, pensiamo piuttosto ad abbattere muri. La partita interessa molto più noi che gli Stati Uniti, che si stanno rivolgendo sempre più al mercato asiatico e ai Paesi emergenti. Se alziamo ‘linee rosse non discuteremo di nulla perché non si può condizionare un negoziato in maniera così rigida. Il messaggio dagli Usa verrebbe visto come fortemente negativo ed esclusivo”
Uno dei temi più scottanti sul tavolo è il sistema di arbitrato tra aziende e Stato, l’Isds. Lei cosa ne pensa?
“Il ricorso all’arbitrato sarà possibile solo ed esclusivamente per aspetti sporadici e la percentuale di utilizzo al momento è limitatissima e non è vero che è sempre lo Stato a soccombere. Lavoreremo per restringere i casi di applicazione, per evitare i conflitti di interesse tra i giudici e vogliamo consentire il ricorso in appello, aggiungendo così un secondo grado all’arbitrato”
E sulla trasparenza, ritiene sufficiente il livello promesso dalla Commissione?
“Durante il semestre di presidenza italiano il mandato è stato declassato e questo è importante. Ma si può fare di più, ed è importante tenere alto il dibattito. Ma dobbiamo far arrivare le voci delle associazioni di categoria nel cuore dei negoziati. Io ho in programma una serie di incontri con Confindustria, Coldiretti, Confagricoltura, le Pmi e diverse altre associazioni. Dobbiamo rappresentarle, capire le loro necessità e cercare di incidere nel processo decisionale”.