Le previsioni d’inverno della Commissione europea per l’Italia “rappresentano un chiaro ed inequivocabile messaggio a Governo e Parlamento affinché accelerino i tempi per l’approvazione delle riforme necessarie alla crescita”. Ne è convinto il vicepresidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, secondo cui “si intravedono i primi spiragli per uscire dalla recessione”. Per Bruxelles in Italia la ripresa si avrà già quest’anno, ma solo dello 0,6%, mentre poi ci sarà ripresa vera nel 2016, quando il Prodotto interno lordo crescerà dell’1,3%.
Tuttavia, continua l’eurodeputato, “gli elementi positivi che portano a prevedere una crescita dello 0,6% sono soprattutto frutto di fattori esterni (calo tassi, riduzione prezzo del petrolio, svalutazione dell’euro)” e affinché essa aumenti ulteriormente “in maniera tale da far diminuire la disoccupazione”, dovranno “aggiungersi altri fattori frutto di un’azione congiunta dell’Ue e dell’Italia”. Tajani si riferisce “all’attuazione del piano Juncker, ad un miglior accesso al credito favorito dal quantitative easing, ad una moderna politica industriale, ad una riduzione della spesa pubblica”.
Per la vicepresidente della commissione Industria, Patrizia Toia, le previsioni economiche dell’Ue “certificano la serietà e l’affidabilità dell’Italia nella gestione dei conti pubblici e nel rispetto delle nuove regole più flessibili del Patto di Stabilità”. La capodelegazione degli eurodeputati del PD ha aggiunto che la correzione al rialzo della stima di crescita del Pil dall’1,1% all’1,3% allontana “lo spettro di una correzione di bilancio” e che le previsioni dell’esecutivo comunitario “lasciano intravedere la possibilità di una ripresa a livello europeo, aiutata da fattori congiunturali esterni”.
Per la Confindustia europea “è evidente come gli Stati membri che negli ultimi anni si sono impegnati in riforme strutturali ambiziose ora siano quelli con il tasso di crescita più significativo”. Lo ha dichiarato Markus J. Beyer, direttore generale di BusinessEurope che ha definito “ambizioso” anche l’intervento della Bce, di cui l’Europa deve approfittare assieme “al basso prezzo del petrolio e alla relativa debolezza dell’euro per rimediare alle vere ragioni di una crescita bassa e di un’alta disoccupazione, vale a dire debolezze strutturali e mancanza di investimenti”.