AGGIORNAMENTO 8 FEBBRAIO. E’ fallito ieri in Slovacchia il referendum attraverso il quale le forze conservatrici e la chiesa volevano introdurre in Costituzione il divieto di concedere alcuni diritti (che attualmente comunque non sono riconosciuti) per le coppie Lgbt, come il matrimonio o l’adozione dei figli. I votanti non hanno raggiunto il quorum richiesto del 50%, fermandosi appena al 21,4%, un dato che segna una bruciante sconfitta politica per le forze promotrici ed anche per papa Francesco, che aveva esplicitamente sostenuto i quesiti referendari.
Hana Fabry, che si è battuta contro la consultazione ha dichiarato di essere “felice per il risultato. Il referendum voleva limitare i diritti di una minoranza da parte della maggioranza. Per questo non avrebbe neanche dovuto svolgersi”.
Riportiamo di seguito l’articolo che Eunews aveva scritto sulla questione alcuni giorni fa.
Il referendum previsto questo sabato in Slovacchia potrebbe rendere la vita difficile alle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (Lgbt) del Paese, che rischiano di vedersi negare dallo Stato sia il riconoscimento del proprio legame affettivo, sia la possibilità di adottare e crescere un figlio.
Mentre l’Europa insorge, gli organizzatori e promotori dell’evento hanno invece ottenuto l’appoggiato del pontefice. Il 7 febbraio circa 4 milioni di slovacchi avranno la possibilità di esprimere la propria opinione in merito a tre questioni e negare costituzionalmente: matrimonio omosessuale, adozione e crescita di un/a figlio/a da parte di coppie Lgbt ed obbligo per i bambini di essere educati nelle scuole su questioni come comportamento sessuale ed eutanasia. Il voto popolare di sabato prossimo è frutto della petizione lanciata da Alleanza per la famiglia (Azr), movimento popolare che riunisce diverse associazioni religiose e gruppi a tutela “dei valori famigliari”. In solo 5 mesi l’organizzazione è riuscita ad ottenere l’adesione di 400,000 persone, ovvero 50,000 in più di quelle necessarie ad ottenere la consultazione popolare per decidere la sorte dei diritti della comunità Lgbt nel Paese. Non solo. Il referendum si terrà nonostante le coppie Lgbt non possano tutt’ora né sposarsi né adottare.
Nel 2014 il governo di sinistra guidato dal partito Direzione-socialdemocrazia (Smer) era riuscito a far passare il divieto costituzionale sul matrimonio omosessuale, ma secondo Azr il provvedimento non era sufficiente per tutelare la famiglia e i bambini. “Per noi i diritti dei bambini sono più importanti di quelli degli adulti”, ha dichiarato Anton Chromìk, uno dei leader di Azr, che ha poi aggiunto: “non siamo contrari all’educazione sessuale ma siamo contrari alla formazione sessuale”. Nei piani originali il referendum avrebbe dovuto includere anche una quarta domanda, volta ad ottenere il sì al rifiuto del riconoscimento delle unioni civili. Questa ha tuttavia trovato l’opposizione della Corte Costituzionale, che ha deciso di respingerla perché discriminatoria nei confronti delle persone Lgbt.
Di fronte ad un voto che potrebbe porre fine a qualsiasi tentativo di eguagliare i diritti della comunità Lgbt a quelli della componente eterosessuale, l’Europa ha espresso la propria contrarietà. Il gruppo S&D ha invitato i cittadini slovacchi ad “ergersi a difesa della democrazia ed i diritti umani”. Secondo Jorg Leichtfried, vice-presidente dei socialdemocratici europei, “ciò che colpisce di più è che ai cittadini slovacchi non si chieda di prendere una decisione sui propri diritti, ma su quelli di una minoranza. In democrazia, nemmeno una maggioranza può negare ad una minoranza uguali diritti”. Se l’Europa è preoccupata per l’esito referendario, papa Francesco ha invece espresso il suo aperto sostegno alla votazione nel corso di un’audizione generale tenutasi ieri a Roma. “Saluto i pellegrini provenienti dalla Slovacchia e, mediante loro, desidero esprimere il mio apprezzamento all’intera chiesa slovacca, che incoraggia tutte le persone a proseguire nei loro sforzi a difesa della famiglia, cellula vitale della società”, ha dichiarato il pontefice. Contrariati dal commento su un tema di politica interna, i gruppi Lgbt slovacchi hanno attribuito alla chiesa le recenti azioni contro i diritti Lgbt nel paese. “Per la prima volta nella storia moderna della Slovacchia la chiesa cattolica è fortemente coinvolta in una campagna politica”, ha dichiarato Martin Macko, direttore esecutivo del gruppo per i diritti Lgbt Inokost.
Affinché il referendum sia valido, più del 50% di tutti gli aventi diritto devono partecipare, ma secondo sondaggi recenti pochi elettori sembrano essere interessati a questa consultazione.