Per uscire “dal limbo in cui si trova”, l’Ue deve fare dell’Unione fiscale “una priorità assoluta”. Tuttavia, “questa non si potrà realizzare senza profondi miglioramenti democratici nel sistema di governance dell’Ue”. Di fronte al perdurare della crisi economica nel vecchio continente, questa è la via d’uscita tracciata da Andrew Duff, ex eurodeputato liberale britannico, federalista e prominente esperto costituzionalista, all’interno di “Pandora, Penelope, Polity: How to Change the European Union”, edito da John Harper Publishing. In questo suo ultimo libro Duff ci presenta il progetto di riforme costituzionali che, a suo parere, l’Europa dovrebbe intraprendere per dotarsi di un governo capace di rispondere alle sfide attuali.
Il trattato di Lisbona è stato adottato poco tempo fa, nel 2009, dagli stati membri Ue. Perché ritiene sia così fondamentale intervenire ancora una volta modificando i trattati europei?
In realtà, il processo di Lisbona è iniziato direttamente dopo Nizza, nel 2000, molto tempo fa. Dopo un buon inizio, con la Convenzione, la sua redazione è stata indebolita dopo la ratifica francese e olandese. Attualmente il trattato non è adatto a soddisfare le esigenze messe in evidenza dalla crisi.
Quali sono le modifiche dei trattati che lei ritiene prioritarie attuare se l’Europa vuole essere in grado di affrontare le urgenti sfide attuali?
Tutte le modifiche devono avvenire congiuntamente, altrimenti non riusciremo mai a raggiungere il momento cruciale per promuovere un cambiamento radicale. Abbiamo bisogno di un ampio pacchetto di accordi, cosicché tutti gli stakeholders possano essere in un qualche modo soddisfatti nonostante non abbiano ottenuto esattamente quello che volevano. L’Unione fiscale è una priorità assoluta, ma questa non si potrà realizzare senza profondi miglioramenti democratici nel sistema di governance dell’Ue. Questi due elementi sono inseparabili.
Da dove ritiene possa venire l’opposizione più forte ad un cambiamento dei trattati?
Dai conservatori presenti all’interno dei principali partiti politici europei, sia di sinistra (S&D) che di destra (PPE). Entrambi sono spaventati all’idea di alterare lo status quo. I radicali di destra e di sinistra, inclusi quelli britannici, saranno invece più aperti a cambiamenti drastici.
Quali sono i rischi maggiori che l’Ue corre nel caso dovesse fallire di prendere le misure necessarie?
L’Ue dovrà ricorrere ad un’ iper centralizzazione ancor più rigida di politiche economiche nazionali coordinate. Questo fa male sia alle economie che alla democrazia. Presto o tardi qualcuno lascerà (Grecia e Gran Bretagna), e gli altri stati membri saranno a tutti gli effetti sotto l’egemonia tedesca.
Le istituzioni europee come dovrebbero affrontare un compito così delicato? Cosa rende a suo parere il progetto di trattato costituzionale Penelope, della Commissione Ue, e la Legge fondamentale del Gruppo Spinelli, dei buoni esempi di proposte legislative?
La Commissione deve prendere l’iniziativa sia intellettualmente che politicamente. Il Parlamento deve sostenere Juncker fino in fondo. Sia Penelope che la Legge fondamentale non sono ancora state sperimentate: lo stesso non si può dire di quasi tutto il resto, di cui il quantitative easing rappresenta l’ultimo tentativo. Entrambe le misure costituiscono dei pacchetti intelligenti e articolati, non frammentati. Soltanto un audace balzo verso il federalismo come quello che stabiliscono consentirà all’Ue di fuggire dal limbo nel quale si trova ora.
La Commissione Ue come dovrebbe gestire la richiesta britannica per una rinegoziazione della sua membership europea?
Il resto dell’Ue deve decidere il prezzo che si è disposti a pagare per mantenere il Regno Unito all’interno dell’Unione Europea. Questa trattativa può avvenire solo all’interno di una Convenzione, il cui compito è quello di riformare l’interno ordine costituzionale dell’Ue. Ulteriori clausole di non partecipazione (opt-outs) dei britannici dalle politiche comuni non dovrebbero essere accettate.
Specialmente in questo contesto di crisi economica, cosa la induce ad essere positivo sul futuro d’Europa vista la riluttanza delle sue istituzioni a sostenere riforme costituzionali?
In assenza di una vera e propria guida della Commissione verso una direzione federale, non mi sento positivo sul futuro dell’Europa. La crisi economica rappresenta il miglior pretesto possibile per promuovere un cambiamento radicale.