Il piano investimenti Juncker dovrebbe fruttare all’Europa poco più di 2 milioni di nuovi posti di lavoro entro la metà del 2018. Lo afferma un rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), secondo cui la combinazione di investimenti pubblici e privati del valore di 315 miliardi di euro previsti dal piano in 3 anni, potrebbero abbassare il tasso di disoccupazione dell’1% entro il 2018. Un risultato che per la Confederazione europea dei sindacati (Ces) è “insufficiente”
Raymond Torres, direttore del dipartimento di ricerca dell’Ilo, ha parlato di “un numero significativo” aggiungendo che “il piano Juncker, potenzialmente, è uno strumento importante per stimolare l’economia reale”. Tuttavia, il suo successo dipende dal modo in cui è stato progettato. Per l’organizzazione il buon esito è legato alla realizzazione di due condizioni. Innanzitutto deve comprendere una fetta significativa di investimenti privati, provenienti in particolare dalle piccole imprese, perché sono queste a “creare posti di lavoro”. Al contempo, il piano si dovrebbe occupare della marcata disparità occupazionale presente all’interno dell’Ue, affinché le economie più bisognose possano beneficiare del fondo. In Paesi come Italia, Spagna, e Grecia, dove i tassi di disoccupazione sono particolarmente alti, molte piccole imprese non hanno un adeguato accesso al credito bancario, ha sottolineato Torres. Di conseguenza, “è molto importante che il piano preveda una forte partecipazione delle piccole imprese attraverso, ad esempio, garanzie di credito, in modo che i finanziamenti possano essere sfruttati appieno”. Soddisfatti questi due requisiti il piano andrebbe ad “integrare le misure monetarie annunciate recentemente dalla Banca centrale europea”. In caso contrario “il piano non farà poca o nessuna differenza per le prospettive di occupazione nell’Ue”, perché si limiterebbe a creare solo 400,000 nuovi posti di lavoro. Una goccia nel mare, considerati “i 23 milioni di disoccupati presenti nell’Unione Europea”.
Non la pensano allo stesso modo i sindacati che hanno espresso il loro malcontento di fronte alle cifre contenute dei benefici che il piano Juncker potrebbe apportare all’economia degli Stati membri e allo status occupazionale dei loro cittadini. “L’Oil ha dimostrato che il piano di investimenti europeo è troppo piccolo. Ridurre di neanche 2 milioni i disoccupati in Europa che sono 25, è un inizio, ma la misura è ben lontana dall’essere sufficiente. Che ne sarà dei restanti 23 milioni di disoccupati?”, ha denunciato Józef Niemiec, vice segretario generale della Ces. I 315 miliardi previsti dal piano rappresentano “un passo nella giusta direzione” ma “i governi europei devono aumentare i fondi disponibili”. Secondo la Ces sarà difficile generare la somma finale di 315 miliardi a partire se si parte con soli 21 miliardi di soldi pubblici. Non solo. Anche se ogni anno, per tre anni, si realizzasse un investimento di 105 miliardi, si andrebbe a coprire meno del 40% del divario annuale di investimenti (280 miliardi di euro dal 2008). Infine, a preoccupare i sindacati è l’enfasi posta dalla Bce e dalla Commissione Ue “sul consolidamento fiscale e le riforme strutturali (mantenere bassi i salari e rendere il lavoro ancor più precario)”, perché questa tendenza “mina l’impatto positivo di investimenti aggiuntivi sopprimendo la domanda”.