Per quasi tutti intervenire con misure straordinarie per scongiurare il rischio deflazione in Europa era necessario. Ma davanti all’annunciato programma di acquisto di titoli da 60 miliardi di euro al mese della Bce, non mancano dubbi e timori. A non piacere ai critici è soprattutto l’ideaa che solo il 20% del rischio sarà a carico della Bce, mentre il resto a carico delle banche centrali. “Questo manda un cattivo segnale sull’unione monetaria europea che dovrebbe essere irreversibile”, commentano i socialisti al Parlamento europeo secondo cui la Bce “ha ceduto alla pressioni della Germania”: “Gli Stati membri – dice la deputata Maria João Rodrigues, – si sono impegnati a condividere l’euro nei tempi buoni e cattivi. Dovrebbe essere nell’interesse di tutti lottare convintamente contro la crisi economica dell’eurozona anziché rinnovare una frammentazione che ha riportato l’Europa indietro di anni”.
Critiche simili, ma con toni più accesi, arrivano anche dall’ala euroscettica del Parlamento. Per la leader del Front Nation, Marine Le Pen, il fatto che l’80% del rischio sarà nazionale e il 20% dalla Bce rappresenta “una doppia vittoria per la Germania”, visto che si è “chiaramente scelto di salvare i primi della classe invece degli ultimi come la Grecia”. Berlino riceverebbe infatti ben “il 25% dei finanziamenti, anche se è lo Stato che ne avrebbe meno bisogno”. Anche se funzionasse comunque secondo Le Pen “servirà a non far crollare i mercati ma non avrà alcun impatto sull’economia reale”. Anche per il Movimento Cinque Stelle, “Draghi ha dovuto ancora una volta piegare la schiena alla cancelliera tedesca” e “la nuova ondata di liquidità andrà ancora una volta alle banche, che hanno già la pancia piena di titoli di Stato” e non “a famiglie e imprese”.
Critica anche la sinistra radicale al Parlamento europeo (Gue) secondo cui “la folle nozione di condivisione del rischio da parte delle banche centrali invierebbe il messaggio che la Bce si sta preparando ad una rottura. E un messaggio simile può creare ancora più scetticismo dei mercati verso l’Eurozona e dimostrarsi una profezia che si auto-avvera”. Restano freddi anche i popolari che in una nota dal titolo “la Bce deve esercitare responsabilmente il suo ruolo indipendente” scrivono: “La Bce dovrà spiegare perché un’azione che vada oltre le misure di politica monetaria convenzionali, come la modifica dei tassi di interesse, sia necessaria e giustificata. Contiamo sulla responsabilità della banca centrale indipendente”. Il capogruppo del Ppe Manfred Weber inoltre ricorda che “continuare le riforme strutturali è essenziale per il futuro dell’Eurozona”.
Anche tra i sostenitori dell’iniziativa di Mario Draghi, la paura più diffusa è quella che il sostegno della Banca centrale europea faccia dimenticare agli Stati l’importanza di insistere sulle riforme strutturali. Un richiamo in questa direzione arriva in primis dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel che, ancora prima dell’annuncio del piano anticipa: “Qualunque sia la decisione della Bce i politici non devono distrarsi dal prendere i passi necessari per assicurare la ripresa”.
Anche per il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde, le azioni della Bce aiuteranno ad “alzare le aspettative di inflazione e ridurre il rischio di un periodo prolungato di bassa inflazione” ma è centrale che siano sostenute da azioni politiche “ampie e tempestive, non ultime le riforme strutturali”. Dello stesso avviso BusinessEurope, la Confindustria europea, secondo cui le iniziative della Banca centrale europea, insieme all’interpretazione più flessibile del patto di stabilità adottata dalla Commissione Ue creano “un ambiente macroeconomico molto più favorevole alla crescita, almeno nel breve periodo”. È però necessario, sottolinea anche l’associazione di industriali, che il piano della Bce non si trasformi in “una scusa per mollare su riforme economiche essenziale sia a livello Ue che di Stati membri”.
È centrale che accompagnare gli sforzi della Banca centrale europea ci siano altre azioni anche secondo i liberali: “Questo intervento non deve portare ad un autocompiacimento”, mette in guardia il leader dell’Alde al Parlamento europeo, Guy Verhofstadt, secondo cui “il quantitative easing non è la formula magica”. Per questo, dice, occorrono riforme da parte degli Stati membri, in primis Italia e Francia e poi un pacchetto legislativo della Commissione europea per aprire il mercato interno dell’Ue e infine occorre fare funzionare il piano di investimenti di Juncker. “L’intervento della Bce deve essere combinato a politiche di investimento cordinate a livello europeo” anche secondo i Verdi, che temono però che il quantitative easing “in assenza di misure politiche che permettano un reale rilancio durevole” fondato “su un piano di investimenti solido”, si limiti a portare “una boccata d’ossigeno senza però garantire necessariamente un miglioramento della vita quotidiana della maggior parte delle persone”.