Guardano all’esterno, cercano l’appoggio del mondo arabo, ma poi faticano a trovare una collaborazione efficace al loro interno. In un palazzo del Consiglio europeo blindato e presidiato da militari e camionette, i ministri degli esteri dei Ventotto studiano la reazione alla minaccia terrorista, balzata drammaticamente in cima all’agenda europea dopo gli attentati di Parigi e le operazioni di polizia in diversi Paesi europei. “Il terrorismo è una minaccia contro i nostri cittadini e le nostre società”, ma sono “il mondo arabo e musulmano a soffrire maggiormente le conseguenze del terrorismo”, è stata l’idea dell’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini. E così al centro della riunione dei rappresentanti delle diplomazie Ue è stato posto l’incontro con il segretario generale della Lega araba, Nabil El Araby dopo cui Mogherini spiega: “Abbiamo firmato un memorandum per rafforzare la cooperazione e garantire che sia fatta in modo più regolare”. L’idea insomma è creare una “alleanza delle civiltà che contrasti la percezione del conflitto”. Progetti specifici, assicura l’Alto rappresentante, saranno lanciati nelle prossime settimane con diversi Paesi tra cui Turchia, Egitto, Yemen, Paesi del Golfo. Insieme al mondo arabo, poi, si lavorerà anche sui conflitti aperti che creano “aree senza autorità” e “alimentano una narrativa che può attrarre altri giovani” verso il fondamentalismo.
Azioni su cui tutti i Paesi Ue si sono trovati d’accordo. Quanto però si tratta di rafforzare la collaborazione interna le cose si fanno più complicate. È ancora allo “stato embrionale”, ammette il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, lo “scambio di informazioni tra intelligence dei diversi Paesi europei per migliorare sul piano della prevenzione della minaccia terroristica”. Un versante su cui l’Italia “spinge molto”, ma non altrettanto altri Paesi che, sottolinea Gentiloni, “sono molto gelosi delle loro informazioni”. Non si può comunque dire che gli scambi di informazioni tra i servizi di intelligence dei diversi Stati Ue siano a zero: “Ce ne sono di intensissimi” come nel caso dell’Italia visto che, spiega il titolare della Farnesina, “i nostri servizi condividono informazioni in modo pressoché totale con molti alleati” ma “manca uno scambio di questo tipo in sede comunitaria”. Una situazione che anche dopo l’incontro di oggi è lontana dall’essere risolta nonostante sia aumentata la “consapevolezza” della necessità di agire su questo versante.
E se sullo scambio di informazioni l’Ue non fa passi decisivi, anche in linea generale le azioni concrete concordate dai ministri degli esteri non sono numerose. Nulla sull’aumento dei controlli alle frontiere esterne di Schengen per evitare il rientro di cittadini europei partiti per combattere sui teatri di guerra del Medio Oriente. Solo un richiamo al Parlamento sul cosiddetto Pnr, lo scambio di informazioni sui passeggeri delle compagnie aeree, che i deputati bloccano per paura di un’eccessiva invasione della privacy: il Consiglio lancia al Parlamento un “forte appello” a riprendere il lavoro sul dossier, ma non prevede nessuna nuova proposta per sbloccare l’impasse.
Per il momento, i ministri degli esteri si sono limitati a decidere di istituire la figura di un attaché alla sicurezza in tutte le delegazioni Ue sparse per il mondo nei Paesi più interessati dal terrorismo. Questa figura si dovrebbe fungere da “collegamento con chi si occupa di anti terrorismo” nei Paesi ospitanti e di “migliorare lo scambio di informazioni e cooperare a livello di intelligence”, spiega Mogherini. Altra iniziativa è quella di istituire la figura di un portavoce arabo all’interno del Servizio di Azione esterna europeo perché, sottolinea l’Alto rappresentante, mai come ora “è necessario che l’Europa comunichi meglio con il mondo arabo e, in generale, con la comunità araba tutta”. Abbiamo bisogno, spiega Mogherini, di “leggere in arabo, spiegare in arabo, ma anche ascoltare il messaggio che viene dal mondo arabo”.
Altre azioni più concrete dovrebbe arrivare dai ministri dell’Interno che si riuniranno la prossima settimana a Riga. La minaccia anche per l’Europa intanto rimane reale: “Dalla riunione è emersa la conferma della minaccia terroristica all’insieme dei paesi europei” e si stima che in Europa “ci siano tra i tremila e i cinquemila foreign fighters”, ha spiegato Gentiloni.