La manifestazione che si è tenuta a Parigi domenica 11 gennaio – una delle più imponenti degli ultimi decenni, con la partecipazione di oltre quattro milioni di francesi – sarà ricordata come una data storica per l’Europa. Un inaspettato e benvenuto effetto collaterale degli attentati terroristici è stato quello di ricordare a tutti noi europei che quello che è bene per la Francia è bene anche per noi europei e per il futuro dell’unità europea. La marcia non è stata una marcia come tutte le altre: ha visto l’inedita partecipazione di 44 capi di stato, tra cui molti capi musulmani, e anche se alcuni di questi non possono essere certo considerati campioni della libertà di stampa, è bene che fossero presenti. Sarebbe stato un brutto segnale se avessero fatto diversamente.
L’evento ha rilanciato l’immagine, danneggiata nell’ultimo anno, del presidente François Hollande, facendogli recuperare una dignità che in passato non era sempre riuscito a mantenere, e questo è un bene per l’Europa. Non dobbiamo dimenticare che in un recente sondaggio Marine Le Pen era stata data in vantaggio su Hollande 54 a 46 per cento in un ipotetico secondo turno elettorale per l’Eliseo. Una vittoria della Le Pen sarebbe una tragedia per l’Europa non solo per il suo anti-islamismo – solo il 21% dei votanti del Fronte Nazionale ritiene che un cittadino musulmano francese sia un cittadino come chiunque altro – ma anche per il suo antisemitismo dichiarato. Quasi un quarto di quelli che la votano ha dichiarato che non vorrebbe mai essere curato da un medico ebreo.
Anche se gli umori dell’opinione pubblica possono mutare con incredibile rapidità, è ragionevole ora supporre che i cittadini francesi abbiano capito la pericolosità di una vittoria di Marine Le Pen alle prossime elezioni presidenziali che si terranno nel 2017. Essa porterebbe al collasso del progetto europeo e probabilmente anche in altri paesi si rimetterebbe in moto un deleterio nazionalismo che tanti guai (e guerre) ci ha procurato in passato.
Speriamo che la marcia di Parigi abbia convinto Hollande, ma soprattutto il premier inglese David Cameron, di quanto sia importante e necessario procedere al più presto verso l’unità politica del nostro continente: unità non limitata solo ai 19 paesi dell’eurozona ma a tutta l’Ue, e che dovrà comprendere un’unica politica di difesa – compresi servizi di sicurezza comune, una intelligence europea – e un’unica politica estera. E di quanto sia importante in Europa e nel resto del mondo un dialogo interreligioso di pace e riconoscimento reciproco.
Alla manifestazione hanno partecipato sia laici che credenti, e credenti di religioni diverse, non solo cristiani, ma anche migliaia di cittadini francesi di fede musulmana, dando torto ai seminatori di odio (molto numerosi anche in Italia) che delirano di nuove guerre di religione e impiccagioni alla western.
Non dobbiamo neanche dimenticare che ogni dodici anni – il periodo tra una finale e l’altra dell’Italia ai mondiali (vedi qui) – la popolazione della terra cresce di un miliardo di esseri umani. Nel mese di ottobre del 2011 il mondo ha registrato la nascita della settemiliardesima persona al mondo, un bambino indiano nato nello stato dell’Uttar Pradesh. Il sestomiliardesimo aveva da poco compiuto 12 anni. Anche per passare da 5 a 6 miliardi c’erano voluti 12 anni. C’erano voluti 250,000 anni per arrivare a un miliardo, e un secolo per arrivare a due nel 1927. Esistono ad oggi più di un miliardo di musulmani ed essi registrano una crescita superiore a quella di altre appartenenze religiose. A meno che uno non voglia scatenare una guerra in cui le vittime siano calcolate in miliardi e non più in milioni, l’unica strada da percorrere è un franco dialogo interreligioso che “è la sola via da percorrere insieme”, come ha detto la settimana scorsa papa Francesco celebrando messa insieme a quattro dei più importanti imam francesi. “Il bene fondamentale è la convivenza pacifica tra le persone e i popoli superando le differenze di civiltà, di cultura e di religione”.
Considerando quanto sia importante in questo momento, non solo per la Francia ma per tutta l’Europa, l’unità dei francesi, ci sono sembrate inopportune le dichiarazioni fatte questa settimana a una radio dall’ex presidente francese Nicolas Sarkozy, dichiarazioni che cercano di flirtare con l’estrema destra soprattutto su temi importanti come le norme sull’immigrazione e sulla libertà di movimento delle persone contenute nella Convenzione di Schengen. Naturalmente, se è vero che i due fratelli che hanno fatto la strage non erano sconosciuti alla polizia, le autorità francesi dovrebbero spiegare meglio, e non solo ai propri cittadini, come si possa essere verificato un buco simile nella propria sicurezza. Ma Sarkozy, di cui ricordiamo bene il ruolo svolto durante la guerra civile in Libia che ha portato alla caduta di Gheddafi, ci sembra la persona meno adatta a sollevare questo tipo di domande. Parlare di nuovo di “guerra al terrore”, cosa già di per sé stupida nell’accostamento delle parole, significherebbe dimenticare i grandi errori fatti negli anni duemila da Bush II.