Non si tratta semplicemente di un considerevole numero di pareri contrari: quello che ha sommerso la Commissione europea è un vero tsunami di risposte negative, dubbi e obiezioni. Un anno fa l’esecutivo comunitario ha lanciato una consultazione pubblica sull’aspetto più controverso del già discusso accordo commerciale tra Usa e Stati Uniti: il cosiddetto Isds (Investor-State Dispute Settlement), ovvero il meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori stranieri e Stato. Ebbene ora la risposta è arrivata. Anzi, di risposte ne sono arrivate ben 150 mila, oltre cento volte quelle mai arrivate in qualsiasi precedente consultazione in ambito commerciale. E di queste oltre il 97% esprimeva parere negativo.
“Dalla consultazione emerge chiaramente un notevole scetticismo nei confronti dello strumento Isds”, ammette la Commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmström, secondo cui a questo punto occorre “intavolare una discussione aperta e franca sulla protezione degli investimenti e sull’Isds nell’ambito del Ttip con i governi Ue, con il Parlamento europeo e con la società civile prima di varare qualsiasi raccomandazione politica in questo ambito”. Insomma, con questa consultazione “si è chiarito che la decisione finale se includere o meno l’Isds deve essere adottata nella fase finale dei negoziati”, chiarisce la Commissione.
Un ostacolo da non sottovalutare visto che nono solo gli Stati membri all’unanimità hanno chiesto di inserire l’Isds nel trattato ma anche gli Stati Uniti lo hanno sempre indicato come un elemento centrale per la partnership transatlantica. “Gli Stati Uniti hanno dichiarato che per loro è importante, quindi la questione esiste”, ammette Malmstrom, “ma come affrontarla lo vedremo nei prossimi mesi”. Non c’è una data precisa in cui presentare la proposta ma “verso la primavera si vedrà come procedere”, sottolinea Malmstrom. Certo è che il traguardo di concludere l’accordo entro l’anno, più volte indicato dalla Commissione, potrebbe allontanarsi.
A sollevare la contrarietà contro il meccanismo internazionale di risoluzione delle controversie è il fatto che, se questo fosse attuato, una multinazionale o una qualsiasi società che investe in un Paese avrebbe la facoltà di sfidare il governo nazionale di quel Paese attraverso il ricorso a procedure di arbitrato internazionale, scavalcando di fatto l’ordinario sistema giudiziario. Secondo i critici potrebbe essere quindi usato per aggirare le salvaguardie nazionali su temi come salute, alimentazione, ambiente. L’opposizione, mostrano le risposte, è particolarmente forte in Paesi decisamente “pesanti” all’interno dell’Ue. “Il 35% delle risposte sono arrivate dalla Gran Bretagna mentre un altro 30% da Austria e Germania”, riporta Malmstrom, aggiungendo che il 70% delle risposte è arrivato da 7-8 Paesi.
La gran parte delle risposte, circa 145 mila, sono arrivate attraverso formulari online precompilati, ma la Commissione ha ricevuto anche circa 3 mila risposte individuali da cittadini e da circa 450 organizzazioni tra Ong, organizzazioni imprenditoriali, sindacati, gruppi di consumatori, studi legali e ricercatori. I temi su cui i cittadini si sono concentrati maggiormente sono stati: la tutela del diritto di regolamentazione, la creazione e il funzionamento di tribunali arbitrali, la correlazione tra l’ordinamento nazionale e l’Isds e il riesame della correttezza giuridica delle decisioni Isds ad opera di un meccanismo d’appello.