Un’Aula semi deserta e contestatori che interrompono. L’epilogo italiano del semestre di presidenza del Consiglio Ue non è di quelli esaltanti. Da destra a sinistra, sono tanti gli spazi vuoti dell’emiciclo di Strasburgo. A occhio mancano qualcosa come trecento deputati, quasi la metà, rivela un addetto ai lavori. Matteo Renzi si ritrova predicatore nel deserto, il deserto di un Parlamento europeo poco attento e scarsamente interessato al bilancio dell’attività italiana, e Renzi in questo non fa la differenza rispetto agli altri premier , che tradizionalmente parlano in un’Aula quasi vuota quando fanno il bilancio dei loro sei mesi.
Il presidente del Consiglio non può fare a meno di partire da un considerazione: “Chi fa politica non è mai soddisfatto. Se è soddisfatto è bene che cambi mestiere”. Una considerazione sul lavoro svolto da luglio a dicembre, ma perfettamente calzante con il clima di Strasburgo. Renzi parla a tutto campo: quello fatto in Europa (l’approvazione dei testi legislativi per l’unione bancaria, il cambio di rotta sull’immigrazione, l’attenzione sulla crescita), quello fatto in Italia, con toni polemici, (“quello che serve all’Italia lo fanno gli italiani, non le istituzioni europee”), parla dell’attività internazionale.
Ma l’Aula e Renzi sono distanti. Si sentono i “rubbish” degli europarlamentari dell’Ukip e le critiche della Lega. “Non ti sente nessuno”, gli urla Matteo Salvini riferendosi all’Aula vuota a metà. “Quest’Aula vuota è la migliore risposta a chi ci ha dato 80 pagine sei mesi fa, ma che nella pratica ha fatto zero”, insiste il leghista. “Smettila”, gli intima. Renzi va avanti, ma anche la Lega. “Da chi sei stato eletto?”, urla Mara Bizzotto. “I marò!”, fa eco Gianluca Buonanno. E i grillini attaccano con Giulia Moi. “C’è la Mafia a Expo, c’è la Mafia a Roma, c’è il Mose per cui sono stati dilapidati soldi pubblici: è da questo che è stato ispirato?”. Il premier risponde a Salvini. “In campagna elettorale le chiederanno cosa ha fatto in questi quindici anni in Europa”. E poi, esasperato ma calmo, sostiene che “leggere più di due libri è difficile per alcuni di voi, lo capisco”. Nelle ultime battute l’intervento di Renzi si trasforma in un dibattito tutto italiano, di quelli che si potrebbero ascoltare a Montecitorio, solo che siamo in Parlamento europeo. Forse, al netto delle contestazioni di routine, è anche un po’ colpa di Renzi, che parla di generazione Telemaco invece che di presidenza di turno.