“Per alcuni, il piano Junker è un topolino partorito dalla montagna. Io credo sia il segno che qualcuno ha cambiato orientamento”. Parole del presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervenuto oggi in Parlamento (in mattinata ha parlato alla Camera e nel pomeriggio al Senato) per illustrare la linea che l’Italia terrà al Consiglio europeo di giovedì e venerdì prossimi. Renzi ha sottolineato che il piano per gli investimenti (Efsi) del presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, è la dimostrazione che “l’Europa ha fatto una scelta politica. Dipenderà da Juncker e dai suoi collaboratori se questa scelta sarà percorsa fino in fondo”.
“Per la prima volta si dice che, se fai investimenti condivisi”, le risorse impiegate “sono scorporate dal patto di stabilità”, ha aggiunto il premier. Il suo riferimento è all’annuncio della Commissione – confermato a eunews dal titolare degli Affari economici Pierre Moscovici – di non considerare nel deficit i contributi nazionali all’Efsi. Secondo Renzi, “il passaggio logico” è “scorporare anche gli investimenti degli Stati membri per le proprie opere pubbliche”.
Su questo punto si sono sempre addensate diffidenze, soprattutto da Parte dei paesi più virtuosi, i quali vedono il rischio che gli altri perdano il freno sulla spesa pubblica. Per questo il premier ha una soluzione: potrebbe prevedere che gli “investimenti eventualmente siano verificati da una istituzione europea”, in maniera da impedire spese incontrollate.
Renzi – confermando quanto emerge dalla bozza del documento finale del Consiglio, anticipata da euneuws – ha aggiunto che giovedì e venerdì, oltre agli investimenti, anche la politica estera comune sarà “al centro della discussione” dei capi di Stato e di governo. Su questo tema, l’Ucraina sarà l’argomento principale. Il premier ha definito le sanzioni europee alla Russia come un “primo gesto comprensibile di reazione”. Tuttavia, ha ammonito, “non si fa la politica estera con le sanzioni”. Secondo il capo del governo, è necessario “invitare la Russia a uscire dall’Ucraina” per “tornare a occuparci insieme delle questioni internazionali”.
Un altro passaggio della comunicazione di Renzi al Parlamento riguarda la politica di allargamento dell’Ue. “Dovrà comprendere la Turchia”, ha sostenuto, pur sottolineando che “non si entra a far parte dell’Ue senza rispettare le regole più elementari della democrazia”, e aggiungendo che “gli arresti di giornalisti e oppositori”, recentemente operati nel Paese della mezzaluna, “non sono coerenti” con il rispetto dei valori democratici.
Al termine della comunicazione del presidente del Consiglio, il Parlamento ha approvato una risoluzione, sia alla Camera che al Senato, che impegna l’esecutivo a monitorare in corso d’anno gli effetti della legge di Stabilità, “con particolare riguardo – si legge nel testo – al rispetto degli obiettivi programmatici concordati in sede europea”. Il documento impegna l’esecutivo anche a promuovere dei “meccanismi di mutualizzazione del debito” (leggi eurobond) e una riforma della Bce in direzione di “un ruolo più attivo” per la crescita.
Il governo dovrà impegnarsi – e aveva già annunciato di volerlo fare – per ottenere lo scorporo dal patto di Stabilità “non solo dei contributi nazionali” all’Efsi, ma anche dei cofinanziamenti necessari a utilizzare i fondi strutturali europei. Il contrasto dell’evasione fiscale in sede europea, la revisione dell’agenda Europa 2020 el’integrazione dei mercati di capitali, sono gli altri temi su cui il Parlamento ha impegnato il governo.