Mentre il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker è in Lussemburgo per giurare indipendenza davanti alla Corte di giustizia europea, riesplode lo scandalo Luxleaks sulle fortissime agevolazioni fiscali che il Granducato avrebbe concesso alle multinazionali proprio all’epoca in cui al governo c’era l’attuale capo dell’esecutivo comunitario. Il Consorzio Internazionale di Giornalisti che già lo scorso 5 novembre rivelò gli accordi tra Lussemburgo e oltre 340 multinazionali, ha diffuso una cinquantina di documenti che dimostrerebbero il coinvolgimento di 35 nuove aziende.
Tra queste compaiono anche altri colossi come Skype, Walt Disney e Telecom Italia che, proprio come Apple, Amazon e Ikea, avrebbero sottoscritto, tra il 2003 e il 2011, accordi con il Lussemburgo per ridurre al minimo l’imposizione fiscale, privando in questo modo le casse europee di miliardi di euro di entrate. Il segreto sono sempre i cosiddetti tax rulings (o decisioni fiscali agevolate), meccanismo che permette ad una società di chiedere “in anticipo” ad un Paese come ha intenzione di trattare la propria situazione fiscale così da decidere di conseguenza dove svolgere determinate operazioni o dove prendere la propria residenza fiscale.
Grazie a questo sistema, secondo quanto riportato dai quotidiani che collaborano con il Consorzio internazionale dei Giornalisti, Skype avrebbe evitato di pagare tasse sul 95% dei suoi profitti. Bene se la passava anche Walt Disney che, dal 2003 al 2011, ha goduto di un’imposizione fiscale allo 0,28%.
Di fronte alle nuove rivelazioni, Juncker assicura, in un’intervista pubblicata ieri dal quotidiano francese Liberation, di “non avere nulla da rimproverarsi” ma ammette: “Oggettivamente parlando, sono indebolito perché Luxleaks lascia a credere che io abbia partecipato a delle manovre che non rispondono alle regole elementari dell’etica e della morale”. Questo non significa però che il presidente della Commissione, che ha già superato facilmente una mozione di sfiducia del Parlamento europeo dopo l’esplosione del primo scandalo, abbia intenzione di fare passi indietro: “È mai accaduto che un membro di governo si sia dimesso perché l’Europa ha dichiarato un certo sussidio inammissibile?”, chiede retoricamente Juncker in un’altra intervista rilasciata alla Frankfurter Allgemeine Zeitung. “Rivendico – dice invece – che la mia credibilità non sia stata danneggiata. Ma ha sofferto nella percezione pubblica per quel che è uscito sulla stampa e ciò mi rende triste”.