“I divari vanno colmati”. I toni cambiano. L’Eurogruppo è più perentorio nei confronti dell’Italia, a cui si chiede di correggere “entro i tempi” gli squilibri economici. Non uno scherzo, visto che l’Italia rischierebbe di dover trovare sei miliardi di euro in più rispetto al previsto se venisse imposto un nuovo aggiustamento. Secondo la Commissione, rilevano i ministri dell’Economia e delle finanze dei diciotto Paesi con la moneta unica, “lo sforzo fiscale strutturale nel 2015 sarà pari allo 0,1% del Pil, quando è richiesto uno sforzo dello 0,5%”. Questo significa che “misure efficaci si renderebbero necessarie per permettere un miglioramento dello sforzo di correzione strutturale”.
Non la vede però tanto male il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan: “Anche l’Eurogruppo apprezza l’agenda delle riforme italiana”, è la sua interpretazione affidata a un tweet, mentgre in un altro spiega che “gli effetti sulla nostra economia dipendono da un’implementazione efficace e tempestiva”. Il punto centrale è che non c’è stata “nessuna richiesta di misure aggiuntive: la legge di stabilità 2015 attuata in modo efficace rilancerà l’economia italiana”.
Secondo l’Eurogruppo “c’è un divario tra quanto programmato e quanto fatto”, bacchetta il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem. Lui i suoi conti se li è fatti, un po’ come tanti altri all’interno dell’Eurogruppo, e precisa quanto i diciotto hanno messo nero su bianco. “La differenza tra gli sforzi di correzione del deficit tra 0,5% del Pil richiesto e lo 0,1% è di 0,4%. Se questo 0,4% deve essere colmato con nuove misure o no sono due possibilità”. Per l’Italia c’è poco da fare. “O misure più efficaci o nuove misure”, precisa Dijsselbloem.
Ci sarebbe, in verità, una terza opzione, meno perentoria ma non meno complessa. “Accordi con la Commissione su alcune misure”, precisa Dijsselbloem. Ma qui tutto dipenderà dall’Italia, da quello che saprà fare e come saprà farlo. La Commissione, in cambio di rassicurazioni sulle riforme, potrebbe anche accettare sforzi di correzione per lo 0,3% del Pil, come promesso del ministero dell’Economia. Si tratta, in sostanza. Ma la trattativa deve andare in porto, e qui Renzi dovrà dimostrare tutta la sua abilità politica. Non ha molto tempo: a marzo la Commissione si esprimerà in modo definitivo, ma già a febbraio – con le previsioni economiche invernali – si potrà capire che aria tira. Una cosa è certa: le correzioni vanno fatte, e i partner europei non sembrano disposti a concedere ulteriori proroghe.