L’indennità di reinserimento “professionale” è una vergogna, è una cosa immorale, e chi la percepisce dovrebbe essere indicato per strada come esempio di qualcuno che si arricchisce grazie all’Europa, alla faccia dei milioni di disoccupati che popolano il nostro continente.
I “professionisti dell’europeismo”, ecco chi sono questi ex commissari europei che, senza vergogna alcuna, continuano a percepire somme rilevantissime per potersi “reinserire” nel mondo del lavoro dopo che per cinque, dieci o quindici anni hanno avuto, a quanto pare la disgrazia, o hanno compiuto l’atto sacro di volontariato sociale, di lavorare nelle istituzioni comunitarie come commissari, o come presidenti di una istituzione, con autisti, segretarie, scuole private per i figli. Herman van Rompuy, fino a poche ore fa presidente del Consiglio europeo, un passato da parlamentare e da primo ministro belga, un futuro da professore universitario e da nonno, a 67 anni, per tre anni percepirà un totale di 350 mila euro per “reinserirsi”. Ma dove? A parte che a 67 anni sarebbe naturale andare in pensione, e lui ce l’ha buona, 4.700 euro al mese per soli cinque anni di lavoro a Bruxelles, più quella dello stato belga. Un personaggio come lui non ha nessuna difficoltà a reinserirsi: le università fanno la coda per averlo come insegnante, i centri studi lo vogliono come presidente, le aziende lo vorrebbero come consulente. Se solo volesse potrebbe essere pagato decine di migliaia di euro solo per parlare ad una conferenza. Ma fosse poi solo lui. Gli ex commissari che diventano ad esempio deputati europei, come la lussemburghese Reding o il finlandese Rehn (sì, proprio lui, proprio il profeta dell’austerità) hanno lo stesso (qui davvero inspiegabile) diritto all’indennità. E parliamo di centinaia di migliaia di euro. L’italiano Antonio Tajani no, lui è stato eletto parlamentare europeo e ha rinunciato, con dignità si è rifiutato di accettare questo tesoro (nel suo caso circa 450mila euro) che, anche se perfettamente legale, dal punto di vista morale è rubato alle tasche degli europei.
I politici italiani, in generale, certo non si sono mai distinti per essere spartani, ma rispetto a quelli che arrivano a Bruxelles, nei posti giusti, hanno ancora tanto da imparare.
I commissari europei che non sono rimasti tali nell’attuale legislatura sono una ventina, diciamo che, in media, hanno avuto diritto a 400mila euro di indennità per riuscire ad reinserirsi nel mondo del lavoro (che poi non è chiaro cosa voglia dire reinserirsi, dato che hanno diritto all’indennità anche se diventano deoutati e dunque hanno lavoro e stipendio). Immaginiamo le terribili difficoltà che avranno, poveri cristi. Sono otto milioni (senza contare le pensioni, che giustamente spettano). Una goccia nel bilancio comune, ma una pioggia di spilli sul capo dei milioni di disoccupati che quando lavoravano guadagnavano magari 1.500 euro al mese e che non hanno avuto nessun aiuto per trovare un nuovo lavoro, che in tanti casi non sono riusciti neanche ad avvicinarsi a una pensione.
Non è un atto simbolico, non è un “bel gesto”: è sostanza. Queste prebende, questi vergognosi regali a gente che certo non ha mai il problema a trovare un nuovo lavoro sono un furto morale e politico ai cittadini dell’Unione, a quelli che hanno perso il lavoro ma anche a quelli che lo hanno. Questi “professionisti dell’europeismo” vanno incalzati, fatti vergognare, vanno costretti a rinunciare a questi soldi che non hanno guadagnato.