Riconoscere la Palestina come Stato oggi significa niente di più che “esercitare una petizione di principio”. Si deve invece arrivare ad usare il riconoscimento come strumento negoziale, quando il dialogo per la pace “riparte e deve essere incoraggiato”. Per il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ancora non è arrivato il momento di riconoscere lo stato Palestinese, cosa che diversi Parlamenti europei, tra cui per ultimo quello francese appena ieri, chiedono invece di fare. A Bruxelles per incontrare gli eurodeputati italiani, Gentiloni anticipa: “Anche il Parlamento italiano immagino, discuterà nelle prossime settimane” della questione. Ma “il mio sogno – dice – sarebbe di riconoscere uno Stato palestinese, non di usare il riconoscimento come arma”.
“Ci rendiamo conto – spiega il ministro degli Esteri – che il riconoscimento ha un valore negoziale”, ma “pensiamo che i governi dovrebbero essere messi in condizione di valutare qual è il modo ed il momento migliore per usare lo strumento negoziale”. E secondo Gentiloni, il momento migliore è quello in cui “qualcosa riparte e ha bisogno di essere incoraggiata”. A questo proposito, Ue e Stati Uniti dovrebbero “rimettere sul tavolo il processo negoziale, senza aspettare l’esito delle elezioni” che si prospettano dopo l’uscita di scena di due ministri moderati del governo Netanyahu. Questo, dice, potrebbe “condizionare positivamente la discussione sia nel mondo israeliano sia in quello palestinese” mentre “non rilanciare il negoziato rende la situazione più difficile” per entrambe le parti. Il titolare della Farnesina aggiunge di aspettarsi la prima mossa in questa direzione dagli Stati Uniti. Ma “certamente anche dagli europei e dall’Egitto” per “evitare che il conflitto israelo-palestinese diventi un capitolo di un conflitto religioso: una prospettiva veramente pericolosa”.