Quaranta milioni di euro di multa forfettaria più una penalità di altri 42,8 milioni per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie. È quanto, secondo una sentenza della Corte di giustizia Ue, l’Italia dovrà pagare per non essersi ancora adeguata alla direttiva rifiuti. O perlomeno quanto dovrebbe pagare visto che l’obiettivo dichiarato del ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti è di “non pagare nemmeno un euro di quella multa”.
La sentenza, sottolinea il membro dell’esecutivo, è “riferita al passato”, mentre “le discariche abusive in Italia sono già in sicurezza”. In Italia, assicura Galletti, “siamo passati da 4.866 discariche abusive contestate a 218 nell’aprile 2013. Una cifra che a oggi si è ulteriormente ridotta a 45 discariche”. Inoltre, ricorda, “con la legge di stabilità 2014 sono stati stanziati 60 milioni di euro per un programma straordinario che consentirà di bonificare 30 delle 45 discariche rimaste, anche attraverso accordi di programma sottoscritti in questi giorni con Abruzzo, Veneto, Puglia e Sicilia”, mentre, “le restanti 15 discariche abusive saranno bonificate con un ulteriore impegno di 60 milioni di euro”. Per questo il ministro è determinato ad andare “in Europa con la forza delle cose fatte, lavorando in stretta collaborazione con le istituzioni Ue, per non pagare nemmeno un euro di quella multa figlia di un vecchio e pericoloso modo di gestire i rifiuti con cui vogliamo una volta per tutte chiudere i conti”.
Non così la pensa la Corte di giustizia, secondo cui l’Italia deve ancora finire di adeguarsi alla sentenza emessa nel 2007. All’epoca il tribunale di Lussemburgo, con una prima sentenza, aveva dichiarato che l’Italia era venuta meno, “in modo generale e persistente”, agli obblighi relativi alla gestione dei rifiuti stabiliti dalle direttive comunitarie relative ai rifiuti, ai rifiuti pericolosi e a alle discariche. Sei anni dopo, nel 2013, la Commissione Ue aveva ritenuto che l’Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per rispettare la sentenza del 2007. In particolare, ricorda la Corte, 218 discariche ubicate in 18 delle 20 regioni italiane non erano conformi alla direttiva rifiuti,16 discariche su 218 contenevano rifiuti pericolosi in violazione della direttiva rifiuti pericolosi, e per 5 discariche l’Italia non aveva dimostrato che fossero state oggetto di riassetto o di chiusura in linea con la direttiva discariche di rifiuti. Una situazione ancora oggi lontanta dall’essere risolta: “Nel corso dell’attuale causa – sottolinea la sentenza della Corte Ue – la Commissione ha denunciato che 198 discariche non erano ancora conformi alla direttiva rifiuti, di cui 14 non conformi neppure alla direttiva rifiuti pericolosi, oltre a esserne rimaste due non conformi alla direttiva discariche di rifiuti”.
Per la Corte Ue “l’Italia non ha adottato tutte le misure necessarie a dare esecuzione alla sentenza del 2007” ed è quindi “venuta meno agli obblighi”. Di qui la condanna alla pesante sanzione pecuniaria di 40 milioni più una penalità semestrale decrescente, il cui importo sarà ridotto progressivamente in ragione del numero di siti che saranno messi a norma. Saranno detratti 400mila euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi e 200mila per ogni altra messe a norma. Un incentivo a fare di corsa, visto che, secondo la Corte, “l’inadempimento perdura da oltre sette anni” e “le operazioni sono state compiute con grande lentezza” tanto che “un numero importante di discariche abusive si registra ancora in quasi tutte le regioni italiane”.
“Nella legge di stabilità 2014 – spiega l’eurodeputata Simona Bonafè (Pd) -, sono previsti 60 milioni di euro per la bonifica di 30 delle 45 discariche abusive rimaste, mentre per il risanamento delle ultime 15 saranno messi a disposizione altri 60 milioni di euro”. Secondo Bonafè “per ottimizzare il ciclo dei rifiuti, serviranno ulteriori risorse ed una delle soluzioni potrà essere l´utilizzo dei fondi Ue per il finanziamento di impianti per il riuso/riciclo. Essi potranno dare una spinta verso la creazione di una economia circolare, pacchetto di cui sono relatrice al Pe. Un pacchetto che vuole vedere il rifiuto come una nuova risorsa. Un modello economico dove si può coniugare la sostenibilità ambientale con la competitività industriale”.
“In un contesto nel quale trovare risorse e destinarle all’uscita dalla crisi è sempre più difficile, il sistematico e pessimo uso dei fondi europei è inaccettabile – dichiara Monica Frassoni, co-presidente del Partito Verde Europeo e coordinatrice di Green Italia – come inaccettabile è che una procedura iniziata su nostra iniziativa nel lontanissimo 2007 non abbia trovato alcuno sbocco reale, neanche in prospettiva. Se l’Ue dopo anni di tentativi, riunioni, promesse, si è risolta a questa decisione, significa che non ha trovato alcun appiglio, né a livello regionale, né a livello nazionale. È questo un reale furto di risorse che dovrebbero essere destinate a un territorio ferito che merita tutt’altra attenzione.”
“L’incapacità dell’Italia di riportare lo smaltimento e trattamento dei rifiuti ad uno stato di legalità è una macchia sulla condotta del nostro paese che non riceve l’attenzione mediatica e politica che, invece, vengono dati a debito e tagli. Del resto, ne è una prova il fatto che lo stesso Sblocca Italia di rifiuti nemmeno se ne preoccupa, se non per autorizzare l’attivazione di impianti di incenerimento.”