Utilizzare di più e meglio i social media, puntare sulla fiction, offrire più occasioni di approfondimento, sfruttare l’interattività per instaurare un dialogo diretto con i cittadini: sono queste alcune delle proposte emerse dall’edizione 2014 del seminario European media and informed citizenship, organizzato dal Comitato economico e sociale europeo (Cese) a Milano, il 27 e 28 novembre scorsi.
Negli interventi che si sono susseguiti, il comune denominatore è stata la consapevolezza che l’informazione sull’Unione europea vada migliorata. Da un lato perché sono gli stessi cittadini a chiederlo. Illustrando il recente sondaggio di Eurobarometro su come viene percepita l’Ue dai suoi cittadini, Sixtine Bouygues, direttore per la Comunicazione e strategia di impresa della Commissione europea, ha sottolineato come la maggioranza degli intervistati abbia segnalato una carenza informativa sulle tematiche europee. Dall’altro lato, migliorare l’informazione sull’Ue serve anche a contrastare l’avanzata dell’euroscetticismo.
Su quest’ultimo punto, tuttavia, diversi relatori hanno sottolineato che il problema non è solo di comunicazione. Lo ha fatto Luca Jahier, presidente del terzo gruppo del Cese, osservando che “la comunicazione politica non può risolvere i problemi politici”. E’ una estrema sintesi dello stesso concetto espresso dall’eurodeputato Brando Benifei, il quale ha attribuito alle “politiche del tutto sbagliate degli ultimi anni”, impostate “eccessivamente sul rigore”, la responsabilità di aver favorito l’ascesa dei movimenti antieuropeisti.
Lasciando ai politici il compito di svolgere il loro mestiere, i tecnici e gli operatori della comunicazione e dell’informazione hanno provato invece a indicare la strada che i media – e le istituzioni europee che attraverso i media veicolano i loro messaggi – devono seguire per raggiungere un numero più elevato di cittadini, garantire loro una adeguata informazione e favorire la creazione di una coscienza europea e dunque il processo di integrazione.
Nel seminario, i social media – con Twitter e Facebook in testa – sono stati indicati come una realtà da sfruttare meglio e di più. Consentono di parlare a una platea più ampia rispetto ai canali tradizionali, attraversano più facilmente i confini nazionali e raggiungono meglio il pubblico più giovane. Il loro difetto è la difficoltà di veicolare una informazione approfondita e complessa, ma è meglio riuscire raggiungere un’audience con messaggi stringati e semplificati anziché non riuscire a parlargli affatto.
Poi c’è un’altra strada ancora poco battuta. Non serve a informare i cittadini, ma ha notevoli potenzialità nella creazione di una identità europea: è la fiction televisiva. Attraverso serie tv o lungometraggi per il piccolo schermo – ma il discorso si può allargare anche ai contenuti analoghi distribuiti sul web – si può sfruttare la componente emozionale della comunicazione. Ne è convinto, tra gli altri, Guillaume Klossa del comitato direttivo dell’Unione delle emittenti radiotelevisive europee. Klossa ha lanciato la proposta di “riprendere a livello europeo la fiction su Altiero Spinelli, rendendola la prima parte di una serie tv dedicata ai padri fondatori dell’Europa”.
Per una comunicazione efficace, però, serve anche l’approfondimento e il coinvolgimento dei
cittadini. “Non si può pensare di puntare tutto sui social media”, ha ammonito Luc Van den Brande, vice presidente del Comitato per le Regioni, pur ritenendo “necessario sviluppare anche una comunicazione dal basso verso l’alto”. Compito che però Van den Brande affiderebbe alle “emittenti pubbliche, le quali devono sfruttare meglio l’interattività” per stimolare la partecipazione dei cittadini.
Infine – non per l’importanza dell’argomento, ma per non voler sembrare autocelebrativi – chiacchierando con i partecipanti al seminario, molti hanno sottolineato l’importanza di una informazione specializzata sulle tematiche europee, invitando eunews a proseguire nel suo lavoro, perché di Europa non si parli solo in occasione degli eventi più importanti o degli accadimenti più clamorosi.