Basta con la Commissione che richiede agli Stati membri di rispettare gli ‘zero virgola’ dei Patti. Con le opinioni sui bilanci d Paesi membri pubblicate oggi l’esecutivo comunitario vuole dare quella svolta politica promessa dal Presidente Jean-Claude Juncker: iniziare ad ascoltare le ragioni dei governi, tenere conto delle condizioni economiche del momento e puntare sulle riforme piuttosto che irrigidirsi solo ed esclusivamente sui vincoli di bilancio. E così anche se il bilancio dell’Italia non è proprio al 100% come vorrebbe Bruxelles, al nostro Paese è stato dato più tempo per sistemare le cose. “Ma non deve essere è tempo perso”, precisa il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ma “un tempo per avanzare e far progredire” le riforme.
Questa linea più morbida, secondo il commissario agli Affari economici, è stata scelta perché “è sempre meglio avere con gli Stati interessati un confronto costruttivo che permetta di cambiare le cose”, di “far applicare le regole”, ma anche “fare in modo che siano appropriate in tutti i sensi”, e cioè “giuste e appropriate per gli Stati”. “Per noi”, aggiunge riferendosi a tutto l’esecutivo, “la priorità delle priorità sono la crescita, l’occupazione e gli investimenti”.
Nei suoi pareri sui Bilanci la Commissione prevede per l’Italia “una crescita nominale più contenuta e minori proventi delle privatizzazioni”, per questo, per rispettare i Patti, il nostro Paese dovrebbe attuare un aggiustamento strutturale del deficit di 2,5 punti percentuali nel 2015, un aggiustamento “ben superiore”, si legge nel documento, a quanto sta facendo Roma. Il bilancio in discussione nel Parlamento italiano prevede un aggiustamento strutturale del deficit dello 0,3%, insomma molto al di sotto di quanto si dovrebbe. Ma questo, almeno per ora, non è un problema, in quanto, spiega ancora Moscovici, “riconosciamo che l’Italia di fatto si confronta con una situazione economiche svantaggiata e con crescita negativa”. Questo però non significa certo che le cose possono rimanere come sono. “Chiediamo un piccolo sforzo in più sulla attuazioni delle riforme strutturali”, dichiara il commissario e ciò significa che a Bruxelles si rendono conto che l’aggiustamento strutturale del 2,5% del deficit è una richiesta che non potrà avere risposta, ma se l’Italia riuscisse entro marzo aumentare l’aggiustamento in un range fino ad altri 0,5 punti percentuali, allora il giudizio della Commissione potrebbe passare dall’attuale “rischio di mancato rispetto dei Patti”, a “compatibile” con essi.
A marzo la Commissione non lavorerà più sulle previsioni ma su dati precisi e bilanci approvati, allora potrà esprimere un giudizio più preciso. Ma anche allora si cercherà di evitare subito lo scontro e si andrà avanti con la nuova formula del dialogo scelta da Juncker. La Commissione invierà, in caso di problemi, una lettera ai governi interessati sottolineando le problematicità, i governi dovranno allora rispondere enunciando le proprie ragioni e se queste convinceranno i commissari interessati potranno ottenere flessibilità. “Saremo estremamente esigenti sulle riforme”, afferma Moscovici, nello stesso tempo “daremo margini di flessibilità”, ma precisa “senza eccessiva creatività”.
L’esecutivo, si legge ancora nel testo, ritiene che l’Italia “abbia compiuto alcuni progressi per quanto riguarda la parte strutturale delle raccomandazioni di bilancio”, e invita il governo “a compiere di ulteriori”, concentrandosi però su “politiche che migliorano le prospettive di crescita, il mantenimento di uno stretto controllo sulla spesa primaria corrente migliorando allo stesso tempo l’efficienza complessiva della spesa pubblica, nonché le privatizzazioni programmate”. Questo contribuirebbe nei prossimi anni, secondo le previsioni “a riportare il rapporto debito/Pil su un percorso discendente in linea con la regola del debito”. Perché questo è il vero problema dell’Italia, un debito eccessivo su cui Bruxelles per il momento a deciso di non mettere bocca per concentrarsi sugli aggiustamenti del deficit e non sovraccaricare troppo il governo di impegni. Ma prima o poi, con percentuali superiori al 135% del Pil, la questione del debito diventerà centrale nel rapporto tra Roma e Bruxelles. E allora si aprirà una nuova partita.