Doveva essere un voto di sfiducia, si è trasformata in una prova di forza di Jean-Claude Juncker. La mozione di censura nei confronti del presidente della Commissione europea portata in Aula dal Movimento Cinque Stelle dopo lo scandalo Luxleaks, non soltanto (come ampiamente previsto) non passa, ma compatta anche a sostegno del capo dell’esecutivo Ue, una maggioranza più ampia che in passato. A favore della mozione per chiedere le dimissioni di Juncker hanno votato soltanto in 101, quando la somma dei deputati di Efdd e Non iscritti, tra le cui file siedono i 76 firmatari per presentare la mozione, è già di 100 deputati. Al di fuori del gruppo degli euroscettici e di qualche Non Iscritto, quindi, praticamente nessuno si è unito alla battaglia per mandare a casa Juncker. Di sicuro lo ha fatto qualche conservatore e una deputata svedese della Gue.
I contrari sono stati invece 461: Considerando che la somma di popolari, socialisti e liberali è di 478 seggi, è mancato l’appoggio di 17 deputati. Non un grosso problema visto che nel complesso, Juncker ha ampliato il suo sostegno rispetto al voto di fiducia per il suo collegio dei commissari che, lo scorso 22 ottobre, aveva ricevuto il via libera di 423 europarlamentari. All’epoca i contrari a Juncker erano stati 209: oltre cento in più dei 101 che oggi hanno chiesto le sue dimissioni.
Gli astenuti sono stati in tutto 88. Tra loro soprattutto conservatori e una fetta di esponenti della Gue: la sinistra radicale, contraria a Juncker ma decisa a non sostenere un’iniziativa dell’estrema destra, ha anche inscenato una protesta in Aula esponendo cartelli con le scritte “No ai paradisi fiscali” e “No all’austerità”.
“Possiamo ritenerci soddisfatti per avere definitivamente smascherato coloro che dentro questo Parlamento sostengono solo a parole di essere contro l’elusione, l’evasione e i paradisi fiscali, ma che poi nei fatti confermano la fiducia ad uno dei massimi esperti e fautori di queste politiche, cioè l’ex premier Lussemburghese Juncker”, commenta comunque per il Movimento Cinque Stelle, Marco Zanni. “D’altronde – attacca – siamo nel tempio dell’ipocrisia europea, come hanno dimostrato anche oggi i compagni della Gue, brandendo in aula cartelli contro i paradisi fiscali, ma non votando poi la nostra mozione”.