Quello scoperto dalle autorità è un notevole business della contraffazione, con una catena di produzione che andava dallo stoccaggio al trasporto che poggiava su una struttura “multinazionale” che collegava Napoli a esponenti della criminalità organizzata di vari Paesi europei. Il Napoli Group, nome con cui erano noti i falsari, stampava anche banconote da 300 euro, inesistenti, che sarebbero state utilizzate in Germania.
Gli esponenti di Napoli Group erano temuti anche dalla Banca centrale europea, vista la dimensione rilevante dell’attività illegale. Maestri della contraffazione, tenevano corsi di formazione in tutto il continente. Secondo le autorità, l’associazione era responsabile del 90% dei pezzi falsi in circolazione nel mondo, con Europa e Africa le destinazioni principali. Nel corso dell’operazione che ha portato all’arresto di vari membri di spicco della rete di falsari con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata alla contraffazione, sono state scoperte una stamperie ad Arzano, in Campania, e una zecca a Gallicano, alle porte di Roma.
Come terreno di smercio preferito per le banconote false, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, pare che la banda privilegiasse le fiere e le sagre di paese, in quanto meno soggette a controlli anti-contraffazione.
L’indagine è nata nel 2012 e in due anni, spiegano le autorità, sono state colte in flagrante una trentina di persone. Gli elementi raccolti hanno portato a ventinove arresti in carcere, dieci in domiciliari e dodici obblighi di dimora.