Il Movimento Cinque Stelle gioca tutte le sue carte, felice di avere finalmente un palcoscenico di cui in Europa ancora non era riuscito a godere; la commissione Juncker si presenta simbolicamente al gran completo ma si difende stancamente ripetendo sempre gli stessi concetti; i gruppi politici criticano e chiedono, ma poi assicurano che non faranno mancare il sostegno. Nell’Aula della plenaria del Parlamento europeo di Strasburgo va in scena la discussione della mozione di censura all’esecutivo comunitario: spettacolo insolito, considerato anche che la squadra è in carica da appena 24 giorni, ma dall’esito facilmente prevedibile. Il primo atto è affidato al grillino Marco Zanni che, spiegando i motivi che hanno portato Efdd e diversi parlamentari dei Non iscritti (soprattutto di estrema destra) alla mozione per chiedere le dimissioni di Juncker e compagni, picchia duro: “Lei è l’immagine peggiore di questa Europa: alla guida dell’Eurogruppo ha sostenuto tutte le politiche fallimentari europee, e nello stesso tempo in cui affamavate la Grecia, lei sottraeva miliardi ai partner europei attraverso accordi con i grandi colossi internazionali”, attacca, chiedendo poi: “Se lei avesse un briciolo di dignità se ne dovrebbe andare, lei ha dimostrato di non ha avere credibilità per rappresentare gli europei”.
Ma Juncker non è l’unico bersaglio delle critiche del Movimento Cinque Stelle: ce n’è anche “per i compagni della Gue, che forse non si sono accorti che forse sarebbe il caso di collaborare anche con coloro che ritengono impresentabili, in virtù di una loro presunta superiorità morale, che però ci dovrebbero dimostrare”, per i colleghi dei Verdi che devono scegliere se “stare insieme alla grande coalizione che governa l’Europa oppure insieme a noi per cambiarla”, e soprattutto per i liberali “oramai completamente asserviti”, nonché per popolari e socialisti che dovrebbero avere un “moto d’orgoglio” contro chi ha dimostrato di “rappresentare l’antitesi agli ideali europei”.
Juncker dal canto suo continua a ripetere che la colpa dei regimi agevolati concessi dal suo Paese alle multinazionali, situazione “non conveniente dal punto di vista etico e morale” non dipende da lui ma “dall’interazione delle diverse leggi nazionali negli Stati membri”. Un problema dunque “non lussemburghese, ma europeo perché le decisioni fiscali anticipate ci sono in 22 Stati membri”. Il Presidente della Commissione si presenta come chi sta già conducendo la battaglia per un sistema di scambio automatico di informazioni sui tax rulings anche fuori dall’Ue sebbene sia costretto ad ammettere che al G20 l’idea è stata accolta con scarso entusiasmo. “A vedere l’identità dei firmatari della mozione di censura mi interrogo sul suo senso profondo”, non si risparmia poi Juncker, assicurando anche di non essere “l’amico del grande capitale”, accusa che, dice, ha causato “ilarità” ai piani alti delle multinazionali. Poi una difesa alla squadra: “Lasciate tranquilli gli altri commissari – chiede – se volete che io me ne vada, me ne andrò”.
Facile promessa, visto che sicuramente non ce ne sarà bisogno, visto l’appoggio dei grandi gruppi politici. “Cosa succederebbe con la sfiducia?”, si chiede Pittella, rispondendosi: “Il piano di investimenti salterebbe, cancelleremmo l’ultima chance per l’Europa di creare lavoro e combattere la crisi, sprecheremmo mesi a formare nuovo collegio e intanto l’economia e la società europea in assenza di risposte collasserebbero, la disoccupazione esploderebbe, continente sprofonderebbe nella deflazione”. Per evitare tutto ciò i socialisti continueranno a sostenere Juncker pur esortando la Commissione: “Al lavoro!” contro l’unica mozione di censura da temere, quella dei cittadini europei.
Idem per l’Alde che anzi non vuole “sprecare troppo tempo” su una mozione che ha “una logica perversa”: quella di volere “giudicare prima che ci siano le indagini”, chiarisce il leader Guy Verhofstadt. Proprio per fare chiarezza i liberali sostengono la necessità di una commissione d’inchiesta del Parlamento europeo, così come chiesto anche dalla Sinistra radicale che, spiega la presidente del gruppo, Gabi Zimmer “non critica Juncker ma un sistema”. Duri i radicali che ammoniscono il capo della Commissione: “Questo scandalo la seguirà a prescindere da quello che farà e sarà legato al suo nome fino a che non sarà risolto una volta per tutte”, mentre per i Verdi il dibattito è serio perché Luxleaks crea “un nuovo disagio all’Ue, dando l’impressione che non regna la solidarietà ma la tentazione di guadagnare gli uni sugli altri e trovare la posizione migliore per il proprio Paese”. Critiche che però non si traducono in intenzioni di voto, visto che nessuno degli altri gruppi vuole essere associato a Movimento 5 Stelle, Farage e compagni dei non iscritti (tra cui il Front National di Le Pen e la Lega).
Probabile che a votare la mozione di sfiducia messa in calendario per giovedì (visto che tra discussione e voto in Aula devono passare 48 ore), saranno poco più dei 76 firmatari, la cui posizione, che non lascia spazio al dialogo, è riassunta efficacemente da Le Pen: “Pensare che Juncker possa affrontare e risolvere il problema dell’evasione fiscale è altrettanto credibile che mettere Al Capone a capo della Commissione sicurezza ed etica”.