Semaforo verde da parte dell’avvocato generale della Corte di Giustizia dell’Ue al provvedimento di Bruxelles che stabilisce un tetto ai bonus dei banchieri oltre allo stipendio fisso. La normativa era stata impugnata dalla Gran Bretagna che aveva chiesto un suo annullamento alla Corte in quanto riteneva che stabilire un limite di questo tipo fosse competenza esclusiva degli Stati membri. L’avvocato generale ha tuttavia suggerito alla Corte stessa di respingere ogni rimostranza proveniente da Londra.
Le nuove norme sono state elaborate dall’Ue nel 2013 e introducono un limite dei “bonus” dei dipendenti finanziari che non può essere superiore al 100% del loro stipendio di base o al 200% se lo Stato membro decide di lasciare questo potere agli azionisti dell’istituto di credito.
A seguito della crisi finanziaria scoppiata nel 2008, Bruxelles ha ritenuto che uno dei principali fattori scatenanti fosse proprio il sistema retributivo vigente negli enti finanziari, il quale non poneva limiti al pagamento di “bonus ragguardevoli” rispetto agli stipendi dei dipendenti, incentivandoli a partecipare ai profitti a breve termine delle banche. Ma non ai costi dei loro fallimenti, che al contrario sono sopportati solitamente dai contribuenti. Di conseguenza la Commissione ha ritenuto opportuno stabilire un rapporto fra stipendio fisso e bonus, una parte variabile della remunerazione, che non può superare il 100% dello stipendio base.
A contrastare la norma è stata la Gran Bretagna, che ha chiesto alla Corte di annullare le nuove regole perché “rientrano nella politica sociale di competenza degli Sati membri”. Il Regno Unito vuole difendere il ruolo della City come centro finanziario in Europa, in particolar modo dalla concorrenza degli Usa che non prevedono tetti ai bonus dei banchieri. L’avvocato generale ha suggerito però alla Corte di respingere il ricorso britannico, poiché porre un tetto alla “remunerazione variabile” non intacca l’ammontare dello stipendio base, quest’ultimo sì di competenza dei Paesi membri. Inoltre, sempre secondo l’avvocato, l’Unione è legittimata ad intervenire in questo campo visto che la parte variabile del salario dei dipendenti incide sulla stabilità degli enti finanziari, il cui fallimento ricadrebbe sui cittadini contribuenti.
Altro aspetto oggetto di ricorso, era la regola comunitaria contenuta nel Pacchetto che impone agli enti finanziari di pubblicare informazioni sulla retribuzione di ciascun loro amministratore o alto dirigente, nel caso uno Stato Ue lo richiedesse. E anche su quest’ultimo punto l’avvocato generale è in disaccordo con Londra, che al contrario vedeva tali pubblicazioni in contrasto con il “diritto garantito dalla comunità alla vita privata e sulla tutela dei dati personali”.
Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia dell’Ue, ma in questo caso sembra difficile che la sentenza definitiva possa andare in una direzione diversa.