Il piano da 300 miliardi di investimenti del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker? Dopo i liberali Alde, che ieri hanno presentato il loro progetto da 700 miliardi, anche i socialisti europei rilanciano. Non solo sulle cifre – 800 miliardi in sei anni – ma soprattutto nelle strategie di crescita. Per i popolari e i falchi del rigore la crescita non può e non deve essere fatta con aumento della spesa pubblica, ma i socialisti sono convinti del contrario. “Siamo convinti che sono gli investimenti pubblici che catalizzano gli investimenti privati”, dice Gianni Pittella, presidente del gruppo Socialisti e Democratici (S&D) al Parlamento europeo.
Eccolo, allora, il piano S&D: creazione di un nuovo fondo per gli investimenti (European Investment Instrument- Eii) a capitale pubblico. Cento miliardi di euro messi dai governi nazionali, ovviamente scorporando dal Patto di stabilità il contributo nazionale per il finanziamento dell’Eii. “Ovviamente” è un termine che aggiunge Pittella. “È il principio della flessibilià…”, dice. Il nuovo strumenti Eii avrebbe una capacità di leva fiscale fino a 400 miliardi di euro, a cui si aggiungono i 300 miliardi che si possono racimolare sui mercati grazie alle risorse del fondo salva-stati Esm e agli strumenti della Banca europea per gli investimenti, tutti istituti a capitale degli Stati membri. Soldi pubblici, insomma, quelli di cui i rigoristi non vogliono sentir parlare.
Pittella e i socialisti sono convinti che con Juncker si apre una fase nuova, e vogliono approfittarne. “Barroso neanche ci pensava alla crescita”, lamenta il presidente S&D. “Juncker ha mostrato un’apertura verso il secondo pilastro del Patto di stabilità e crescita”. Ecco perché a detta di Pittella “anche la spesa nazionale per alcuni programmi europei e per gli investimenti deve essere espunta dal calcolo del deficit, d’accordo con la Commissione”. Ma la Commissione è d’accordo? Pittela si dice “confidente” su questo, consapevole che comunque la partita è ancora tutta da giocare. “Ci sarà un dibattito e un confronto, e poi Juncker dovrà fare una sintesi”. Sulla strategia per gli investimenti, e su tutto il resto.
Critici i leader degli altri due principali gruppi dell’Aula con Manfred Weber del Ppe che, rivolto sia a socialisti che ai liberali, dice che “fare offerte al rialzo sul Piano Juncker”, è sbagliato perché è “pericoloso generare false aspettative”, e Guy Verhofstadt dll’Alde che parla di un piano da criticare in quanto “in contraddizione con il Patto di Stabilità”, e che “creerebbe altro debito agli Stati membri”.