L’elaborazione delle misure necessarie per colmare le lacune regolatorie che hanno causato la crisi finanziaria del 2008 è “sostanzialmente concluso”, ha dichiarato in una lettera indirizzata ai leader del G20 Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra e presidente del Financial Stability Board (Fsb), organismo internazionale che ha il compito di monitorare il sistema finanziario mondiale. Le rassicurazioni di Carney giungono pochi giorni dopo la multa da svariati miliardi di dollari inflitta a sei delle più grandi banche al mondo, tra cui HSBC, JP Morgan Chase e RBS, per aver manipolato il mercato dei cambi.
In futuro non si dovrà mai più mettere mano ai soldi dei contribuenti per salvare le banche in difficoltà, ha detto inoltre Carney, riferendosi ai miliardi di dollari (e di euro) sborsati dagli stati in seguito alla crisi per tenere a galla i loro istituti finanziari.
Nella lettera il banchiere di origine canadese traccia il punto del lavoro iniziato al summit G20 del 2008, quando i leader dei venti paesi più industrializzati si erano impegnati a riformare radicalmente il sistema finanziario. Quel processo è ora “sostanzialmente concluso”, ha detto Carney: grazie all’introduzione di standard globali più stringenti, oggi gli istituti finanziari sono più resilienti e i mercati più robusti. Ma c’è ancora del lavoro da fare, si legge nella lettera, soprattutto sul fronte dell’industria bancaria, che “deve impegnarsi a migliorare la sua cultura, la sua etica e la sua governance”.
Carney dà particolare enfasi alle misure, giudicate uno “spartiacque”, elaborate per risolvere il problema delle banche “too big to fail”, ossia quegli istituti che hanno un’importanza sistemica tale da minacciare la tenuta dell’intero sistema finanziario in caso di fallimento, costringendo di fatto gli stati a farsi carico di tenerle in vita (con iniezioni di denaro pubblico) ogniqualvolta esse si trovino in difficoltà. “Una volta implementati, questi accordi permetteranno di risolvere i problemi degli istituti finanziari di importanza sistemica globale senza fare ricorso al denaro pubblico e senza destabilizzare il resto del sistema finanziario”. In base alle nuove regole, le grandi banche dovranno dotarsi di cuscinetti di capitale sufficienti per assorbire perdite anche molto significative. Di recente l’Fsb ha proposto l’introduzione di una nuova regola per costringere le banche a tenere un capitale totale pari al 16-20% dei loro attivi, per ridurre la necessità di un intervento pubblico.
L’idea è mettere le autorità nelle condizioni di poter far fallire una grande banche senza mettere a rischio tutto il sistema finanziario. Pur ammonendo che potrebbe rivelarsi impossibile risolvere del tutto il problema del “too big to fail”, poiché le banche non possono essere protette dagli shock esterni, Carney ha dichiarato che le nuove norme costringeranno le banche “a pagare il prezzo delle loro azioni” e “le conseguenze dei rischi che si assumono”. L’Fsb ha anche elaborato degli standard più ferrei per quello che riguarda i derivati e i credit default swaps, ma al momento molti stati risultano indietro sull’applicazione delle norme. Il Financial Stability Board sta ora prendendo in considerazione le altri possibili fonti di rischio, tra cui il sistema bancario ombra e le varie attività che vengono praticate ai margini dei sistema finanziario. Secondo Carney, la prossima fase del processo consiste nella promozione di un sistema globale basato sulla “fiducia e la cooperazione reciproca”, in cui gli stati non guardino solo agli interessi delle loro economie nazionali ma alla stabilità del il sistema finanziario nel suo complesso. Questo richiede soluzioni globali: troppe volte in passato i regolatori hanno fatto fatica a introdurre una certa riforma perché le banche hanno minacciato di trasferire la loro sede in un paese con un impianto normativo più permissivo.
La visione di Carney è senz’altro condivisibile. Ma una cosa è dire come dovrebbe essere il sistema finanziario in futuro; un’altra è dire che buona parte dei problemi sono già stati risolti qui e ora, come sembra sottintendere il banchiere. Solo qualche mese fa Christine Lagarde dichiarava: “A sei anni dalla crisi, il comportamento del settore finanziario sotto molti aspetti è rimasto sostanzialmente invariato. Qualche miglioramento c’è stato, ma le banche oggi continuano a privilegiare attività ad alto rischio, e il profitto a breve termine rispetto alla prudenza di lungo termine”. E Martin Wolf, capo economista del Financial Times, ha recentemente pubblicato un libro in cui spiega come “un’altra crisi finanziaria – molto peggiore di quella del 2008 – è pressoché inevitabile”. Secondo Wolf, la colpa è da imputare in parte al fatto che non è stato fatto quasi nulla per riformare il sistema finanziario in seguito alla crisi del 2008, e in parte all’enorme liquidità immessa dalle banche centrali e dai governi – tanto in Europa quanto negli Stati Uniti – proprio per salvare le banche e il sistema finanziario dopo la crisi del 2007-8, che non ha beneficiato quasi per nulla l’economia reale mentre ha spinto al rialzo il valore di azioni e obbligazioni oltre qualsivoglia fondamentale e logica economica.