“Dobbiamo smettere di pagare i costi dell’assenza di integrazione politica in Europa. Dobbiamo imboccare la strada del federalismo, altrimenti rischiamo di tornare indietro”. Ne è convinto Jean Paul Fitoussi, intervenuto oggi a Roma alla conferenza ‘Sbloccare il potenziale dell’economia sociale per la crescita in Europa’. Secondo l’economista Francese, per uscire dalla “stagnazione che altrimenti durerà più di una decade”, sono necessarie risposte politiche forti. Per questo invita “Renzi, Hollande e gli altri capi di stato o di governo che non sono d’accordo con la dottrina del rigore”, a “essere più coraggiosi e compatti” per scardinare “la politica di austerità che ha fallito”.
Fitoussi analizza le conseguenze di “questa politica sbagliata”. Da un lato “non ha raggiunto il principale obiettivo di ridurre il debito pubblico” degli Stati membri, che infatti “sta continuando a crescere nonostante da 4 anni si stia perseguendo la strada del rigore”. Dall’altro, “la risposta che è stata data alla crisi del debito sovrano, adottando il Fiscal compact, con il Two pack e il Six pack”, ha prodotto un “problema per la democrazia”, annullando la sua “capacità di autocorrezione”. Infatti, secondo l’economista, “i cittadini hanno mantenuto il loro potere di cambiare i governi, ma non possono più cambiare le politiche”. Questo, continua il francese, “spiega il successo dei partiti populisti”.
Fitoussi riconosce che la mancanza di sovranità monetaria, argomento principe dell’euroscetticismo, sia un problema per la zona euro. “Gli stati si indebitano in una moneta sulla quale non hanno alcun controllo”, spiega. Ma da questa situazione “non si esce abbandonando la moneta unica”. Al contrario, secondo l’economista, bisogna “rafforzare l’euro” intervenendo sul funzionamento della Banca centrale europea, “consentendole di acquistare i titoli di stato”. Si tratta di “una possibile soluzione, ma l’obiettivo più ambizioso”, per Fitoussi, è “avere un solo titolo di debito, che si chiami Eurobond o come altro preferite”.
Trattando più da vicino il tema della conferenza, l’economista francese spiega che “dal punto di vista dell’economia sociale, la politica di austerità porta allo smantellamento del Welfare”. I governi, “privati degli strumenti di politica monetaria, fiscale, industriale, possono solo seguire una strategia di competitività” al ribasso, scaricando “i costi sui cittadini con una diminuzione delle protezioni sociali, delle protezioni per il lavoro, delle tutele per i disoccupati, delle pensioni”.
In un simile contesto, secondo il sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, l’economia sociale – cioè il settore in cui operano le cooperative, le fondazioni e tutte le organizzazioni non profit – assume un ruolo rilevante, “sia perché può contribuire a rilanciare la crescita e l’occupazione, sia perché è in grado di offrire ai cittadini una protezione dalle trasformazioni sociali” dovute alla globalizzazione”. L’assunto da cui parte Bobba è che “le sole risorse pubbliche non sono più in grado di far fronte alle esigenze di protezione sociale”, e che tutti quei soggetti economici i quali “hanno attenzione verso i bisogni dei cittadini invece che verso i profitti”, debbano essere “sostenuti” per affiancarsi agli Stati, “seguendo il principio di sussidiarietà”, nell’offerta di “servizi a destinazione pubblica”.
Si tratta del ‘secondo Welfare’ di cui si è discusso recentemente a Milano, e su cui il dibattito sta proseguendo con “l’intento – spiega Bobba – di dare un punto di riferimento” alle istituzioni europee e agli Stati membri su come intervenire per favorire il settore delle cooperative, delle fondazioni e di tutti quei soggetti che offrono servizi e assistenza senza finalità di lucro. Il sottosegretario ha annunciato che dalla conferenza (che si chiuderà domani) uscirà “un documento che abbiamo deciso di chiamare ‘Strategia di Roma per l’economia sociale’ e che sarà consegnato alla Commissione e al Parlamento europei, oltre che ai Paesi membri”.