Riccardo Nencini ha vinto la sua causa con il Parlamento europeo che gli chiedeva di restituire 450mila euro di rimborsi che, secondo l’Aula, sarebbero stati percepiti in maniera irregolare quando era deputato europeo. La Corte di giustizia dell’Ue non è entrata nel merito della vicenda ma ha dato ragione al viceministro ai Trasporti ritenendo che la causa intentata dall’Assemblea comunitaria è stata avviata oltre i termini della prescrizione. “La possibilità per le istituzioni di recuperare i crediti deve essere limitata nel tempo”, si legge nella sentenza secondo cui “l’argomento del signor Nencini circa la prescrizione e la violazione del principio della ragionevolezza dei termini, deve essere accolto”.
L’attuale segretario del Partito socialista italiano è stato eurodeputato nella legislatura 1994-1999. Nel dicembre 2006, in seguito a un’indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf), il Parlamento avviò su di lui un procedimento di verifica e successivamente di recupero di alcune spese di viaggio e di assistenza parlamentare che gli erano state corrisposte, secondo l’Aula, in violazione della regolamentazione in materia. In tutto si trattava di 455.903 euro di cui 46.550 a titolo d’indennità di viaggio e 409.352 a titolo d’indennità di assistenza di segreteria.
Il 16 luglio 2010, il Segretario generale del Parlamento aveva chiesto la restituzione di questi soldi e a sua volta Nencini l’annullamento di questa richiesta. Ma il suo ricorso era stato respinto una prima volta dal Tribunale comunitario il 4 giugno 2013 e allora Nencini aveva impugnato la sentenza davanti alla Corte di Giustizia. Questa, nella sua sentenza di oggi, gli ha dato ragione perché, ha ricordato, “il mandato parlamentare dell’interessato era terminato nel 1999 e il Parlamento era venuto a conoscenza dei fatti in questione il 18 marzo 2005, data in cui gli è stata trasmessa la relazione finale dell’Olaf”. Ma, ha rilevato il tribunale “secondo l’articolo 73 bis del regolamento finanziario, i crediti di terzi nei confronti dell’Unione sono soggetti a un termine di prescrizione di cinque anni”. Nencini, che ha sempre rivendicato la regolarità dei rimborsi ricevuti, non dovrà quindi restituire niente.