Ricompattata la maggioranza parlamentare tra popolarti, socialisti e liberali, dopo le intemperanze degli ultimi due allo scoppiare dello scandalo Luxleaks, Jean-Claude Juncker torna a parlare in pubblico. Riconosce che è stato uno sbaglio non esprimersi pubblicamente prima, e si assume la responsabilità politica di eventuali pratiche illecite, ma nega qualsiasi conflitto di interesse e afferma di avere tutte le carte in regola per poter continuare a guidare l’esecutivo comunitario. A una settimana dallo scoppio del caso Luxembourg Leaks, sulle presunte agevolazioni fiscali per le multinazionali nel Granducato quando lui era premier, Juncker si presenta a sorpresa alla conferenza stampa di mezzogiorno della Commissione per “rispondere a quelle domande a cui bisogna dare una risposta”, ammettendo che “è stato un errore non farlo prima”, ma ribadendo: “Ho detto in Parlamento, a voce e per iscritto, e ripeto oggi che la Commissione vuole lottare contro l’evasione e la frode fiscale”.
“Non sono l’architetto del modello lussemburghese”, si difende, anche perché “il modello lussemburghese non esiste, non nel modo illustrato al pubblico”, e poi, dice, nel Granducato “il premier può dare un suo parere ma poi il comparto fiscale opera autonomamente”. Di quello che è o non è successo però “sono politicamente responsabile”, è costretto ad ammettere, aggiungendo che “se gli accordi fatti dal Lussemburgo dovessero aver portato a non tassare alcune aziende, allora mi rammaricherei di alcune decisioni”, prese quando era premier. Ma come Presidente della Commissione “sono credibile e adatto a guidarla”, in quanto, innanzitutto, nell’indagine dell’esecutivo sulle presunte agevolazioni fiscali operate dal suo Paese “non c’è conflitto di interessi”, visto che la commissaria alla Concorrenza che dovrà condurle, Margarethe Vestager, “ha una autonomia enorme”, e lui si dice pronto “a rispondere a tutte le sue eventuali domande”, che lei potrebbe volergli porre.
“Non c’è niente nel mio passato che indichi che la mia ambizione fosse organizzare l’evasione fiscale”, continua Juncker nella sua difesa, rispondendo a tutte le domande dei giornalisti presenti in sala. Il capo dell’esecutivo addirittura rivendica di aver “lavorato per promuovere in Europa una maggiore armonizzazione fiscale”, a partire dall’Iva, e di aver fatto adottare “nel 1997, sotto presidenza lussemburghese, un codice di buona condotta in tema di pratiche fiscali sleali”, che ha “portato tutta una serie di paesi a dover cambiare la propria legislazione”.
E adesso promette anche azioni concrete da parte della Commissione sulla pratica oggetto dell’inchiesta di Bruxelles, ovvero la “Tax ruling”, le decisioni fiscali anticipate, le lettere di intenti emesse dalle autorità di un Paese che forniscono a una società i chiarimenti sul modo in cui sarà calcolata l’imposta, e che l’azienda usa per scegliere la destinazione dell’utile imponibile del gruppo quando ha società controllate situate in diversi Stati, grazie a vendite di beni o servizi tra le varie controllate del gruppo.
“Si tratta di una pratica che avviene in 22 Paesi dell’Ue ed è conforme con il diritto comunitario se avviene in maniera non discriminatoria, ovvero trattando tutte le aziende e gli investitori allo stesso modo”, afferma Juncker, “e questo è ciò che accade in Lussemburgo”, assicura. “È vero”, ammette il Presidente, che sfruttando le diverse regole impositive nazionali “si può approfittare delle tassazioni più basse”, e che questa pratica “può condurre a risultati che non corrispondono al comune senso etico e morale” o alla “nozione di giustizia fiscale”. Ma tutto questo non è colpa del Lussemburgo o sua, ma solo “della non armonizzazione fiscale, o di una armonizzazione insufficiente in Europa”.
E su questo punto promette di intervenire. “Ho proposto alla Commissione di proporre una direttiva che introdurrà lo scambio automatico di informazioni tra Stati sulle pratiche tax ruling”, in modo tale che tutte le eventuali decisioni fiscali anticipate dovranno essere “comunicate a tutti gli Stati”. Si tratta per il Presidente “dell’unica possibilità per conferire a un settore difficile il tasso di trasparenza di cui abbiamo bisogno”. Di scrivere il provvedimento “si occuperà il commissario alla Fiscalità, Pierre Moscovici”, che poi dovrà lavorare anche alla “cooperazione rafforzata sull’introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie”. E non solo, al G20 a cui parteciperà domani, Juncker ha promesso di “proporre di ampliare lo scambio automatico delle decisioni fiscali anticipate a tutta comunità internazionale”, perché “l’Europa non è l’unica interessata” a questo problema e per questo nella sua risoluzione “deve farsi forza propositiva”.