Nella crisi ucraina “sono stati commessi degli errori, anche noi abbiamo commesso degli errori”. E’ l’ammissione di Federica Mogherini, Alto rappresentante per la Politica estera dell’Unione europea, intervenuta ieri pomeriggio a Roma, in Senato, alla Conferenza interparlamentare sulla Politica estera, di Sicurezza e di Difesa dell’Unione europea. “Se i ministri europei saranno d’accordo – ha annunciato Mogherini – voglio cambiare il funzionamento del Consiglio Affari esteri”, perché, a partire dal prossimo appuntamento del 17 novembre, non ci si limiti a “discutere un documento finale” ma “si analizzino le radici dei problemi da affrontare”. In realazione alla questione Ucraina, solo dopo aver compreso le cause dei problemi e “dopo aver discusso sugli errori che sono stati fatti”, sostiene lady Pesc, sarà possibile “individuare le soluzioni”.
Soluzioni che, per Mogherini, devono passare per un “sostegno al processo di transizione democratica dell’Ucraina” e alla difesa della sua “unità territoriale”. Al contempo, è indispensabile “mantenere un dialogo con la Russia”, perché “a fianco alla pressione economica” delle sanzioni, avverte l’Alto rappresentante, “dobbiamo avere una strategia politica” che va portata avanti per la “piena attuazione del protocollo di Minsk”. In ogni caso, ammonisce la signora Pesc, sarebbe un ulteriore “errore cadere nella trappola” della “strategia russa che punta a dividere” gli Stati europei.
La titolare della diplomazia dell’Unione ha trattato anche le altre questioni che dovranno essere con la politica estera comune. Tra queste c’è il processo di pace isralo-palestinese. Mogherini, concluso il suo intervento, è partita per Tel Aviv con una missione ben precisa in mente. “E’ necessario usare tutto il peso politico dell’Ue – ha dichiarato – per far ripartire il processo di pace”. L’Alta rappresentante è convinta ci sia bisogno di ridare “speranza e fiducia a israeliani e palestinesi” sulla soluzione dei due stati. A chi gli chiede se sia favorevole al riconoscimento dello stato di Palestina, Mogherini risponde che “la questione non è chi riconosca o meno lo Stato palestinese. La vera questione – aggiunge – è costruire concretamente quello Stato”. Un percorso che è “ostacolato dalla presenza degli insediamenti” israeliani in Cisgiordania.
Rimanendo in quell’area, la lotta all’Isis è un’altra delle priorità dell’azione europea. Lo testimoniano gli sforzi che “vedono impegnati tutti i paesi europei, anche se in modi diversi”. Per mogherini si tratta di una questione che va “affrontata di concerto con l’Onu e con gli Stati uniti”. E insieme con le Nazioni unite sarà necessario trovare una soluzione anche per stabilizzare la Libia. Nei prossimi mesi “lavorerò molto da vicino con Bernardino Leon” (rappresentante Onu per la Libia), ha annunciato Mogherini, aggiungendo che “l’Ue sosterrà lo sforzo delle Nazioni unite per aprire un dialogo tra le parti”, con l’obbiettivo di metterle tutte “intorno al tavolo della ricostruzione delle istituzioni del Paese”
In mattinata, il presidente del comitato Affari esteri del Parlamento europeo, Elmar Brok, aveva a espresso l’appoggio dell’Eurocamera a Federica Mogherini. “Siamo decisi a sostenere l’alto rappresentante per la Politica estera e di difesa comune nella sua attività”, ha dichiarato il tedesco, sottolineando che l’unica strada percorribile per “risolvere le crisi”, dall’Ucraina al Medio Oriente, “è operare in comune e riuscire a riportare la Russia ad agire secondo il diritto internazionale”.
Sulle tensioni tra Mosca e Kiev si è espresso anche il presidente del Senato Pietro Grasso: “La crisi ucraina sta mettendo a dura prova non solo la sicurezza e la stabilità dei Paesi membri più esposti ma anche la tenuta economica dell’intera Unione”. Secondo Grasso il rischio è “che le nostre imprese perdano per sempre quote di mercato e approvvigionamenti energetici vitali”.
La presidente della Camera Laura Boldrini ha introdotto un ulteriore elemento di riflessione, sostenendo che “in Medio Oriente o ai confini orientali dell’Ue, potrebbe essere più gradita, e forse anche più utile, la presenza di una leadership europea piuttosto che statunitense” nell’affrontare le realtà di crisi.
Il neo ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, si è soffermato sulla “minaccia rappresentata dallo Stato islamico” in Iraq e Siria, “che richiede un impegno comune” sotto il profilo “politico, militare e culturale”. Poi, sul conflitto israelo-palestinese, “siamo tutti consapevoli che la soluzione di due Stati per due popoli sia l’unica percorribile”, ha dichiarato il ministro. “Tuttavia – ha aggiunto – ancora non siamo riusciti a incidere perché questa soluzione venga realizzata”.
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha spostato il focus sul tema di sua competenza. Secondo Pinotti, “abbiamo bisogno di più Europa per la difesa della pace e della sicurezza internazionale”. Tuttavia, ha segnalato il ministro, alcuni “ostacoli impediscono l’efficacia” di una difesa comune dell’Ue. Per Pinotti bisogna creare “un meccanismo di convergenza delle spese militari”, perché “spendiamo molto nel complesso”, ha spiegato, ma è una spesa poco efficace in quanto “è frazionata in 28 capitoli” relativi a ognuno degli stati membri.