Il primo viaggio all’estero del neo presidente della Commissione europea è stato a Francoforte, per presentare un libro dell’ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, grande sostenitore dell’euro (in cambio di notevoli favori per la riunificazione tedesca) ma soprattutto grande oppositore dell’entrata della Grecia nell’Ue nel 1981 “troppo presto”, diceva, ed oggi schierato con chi dice che l’Unione è diventata troppo lassista in economia. Tenendo anche conto che l’evento, avvenuto in una sede privata, si è svolto nella città sede della Banca centrale europea tutto questo potrebbe essere interpretato come una preciso messaggio rigorista e filo tedesco.
Forse solo realista, visto che gli ambizioni obiettivi che Jean-Claude Juncker si è posto non saranno facili da raggiungere se non si riuscirà a convincere Berlino, che ha in mano il controllo su tutti i gangli vitali della Commissione. La cancelliera Angela Merkel ha piazzato ben cinque capi di gabinetto (tra i quali, ovviamente, anche quello di Juncker, così come era con Josè Manuel Barroso) dodici vice e una ventina di membri. L’Italia ad esempio ha solo un capo di gabinetto, però è quello che sta con il vice presidente italiano Federica Mogherini, quindi poco in grado di influenzare altri settori, quattro vice, ma solo uno in un ufficio importante, quello del vice presidente Valdis Dombrovskis, responsabile per l’euro, e altri sei o sette sparsi, ma non abbiamo nessuno a Commercio, Trasporti, Concorrenza, Fondi europei o nel gabinetto economico del vice presidente Jyrki Katainen, che si occupa di Lavoro e Crescita. Il peso è scarso ma i numeri, rispetto alla Commissione precedente, sono saliti. Ma rischiano di essere compensati dal fatto che entro un paio di mesi l’Italia rischia di non avere più neanche un direttore generale (escludendo Givanni kessler, direttore dell’organismo Antifrode Olaf) , dei tre che aveva fino ad ora. Anche la Francia ha un solo capo di gabinetto, la Gran Bretagna due. I diplomatici spiegano che “i membri tedeschi dei gabinetti vengono cercati da tutti, per avere un rapporto con Merkel, quelli di altri paesi devono invece lottare per trovare una collocazione”.
Il primo appuntamento di Juncker e i suoi è con la crescita e l’occupazione dal successo del quale dipende anche il riuscire a dare credibilità ad un’Unione che negli anni di Barroso ha visto crescere i populismi, il nazionalismo, e crollare la fiducia nell’euro. Premuto da molte parti, Italia in prima fila, il nuovo presidente ha promesso un piano straordinario di investimenti da trecento miliardi, mirato alla ripresa e in particolare alla creazione di posti di lavoro. Il lussemburghese ha promesso che saranno soldi, pubblici e privati, aggiuntivi. Non sarà facile trovarli, secondo Daniel Gros, il direttore del prestigioso think tank brussellese Ceps, non saranno neanche mai trovati, i governi hanno pochi soldi (anche grazie alle politiche imposte negli anni passati) e dunque centrale sarà la solidità dei progetti messi in campo. Sui quali gli Enti Locali europei vogliono mettere bocca. Catiuscia Marini, presidente della Regione Umbria, è anche vice presidente del Comitato europeo delle Regioni dove si sta approvando un documento che dice proprio questo: “Da noi passa il cinquantacinque per cento degli investimenti, vogliamo essere coinvolti nella scelta di come spendere questi trecento miliardi”, ha detto Marini.
I tavoli sui quali la nuova commissione deve impegnarsi da subito sono già imbanditi da tempo, e sono tutti oramai emergenze. C’è, prioritario, il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti TTIP con gli Stati Uniti, che naviga in acque complicate. Se in generale gli imprenditori europei lo aspettano con entusiasmo, per molti ci sono grandi paure, come spiega l’eurodeputato del Pd Sergio Cofferati: “Non potrà che esserci una perdita di diritti per adeguarsi agli Usa”, dove in molti settori ce ne sono meno, sostiene. Anche qui c’è un tema tedesco, poiché Berlino è contraria alla creazione di tribunali di arbitraggio speciali per le controversie tra multinazionali e stati, come prevede invece ora il testo negoziale. Molti sostengono che Merkel qui ha ragione, perché in Europa lo stato di diritto c’è e i suoi tribunali funzionano in maniera democratica. Poi ci sono i temi per Mogherini: Ebola (oggi il primo caso sospetto in Belgio), Ucraina, Siria, tutte questioni che lei conosce bene e sulle quali sino ad ora l’Ue non è stata incisiva.