Sarà Paolo Gentiloni il nuovo ministro degli Esteri italiano. Il giuramento, al Quirinale, è previsto per le 18,00. Gentiloni approda alla Farnesina in sostituzione di Federica Mogherini, che ieri si è dimessa da deputata e oggi da titolare della diplomazia italiana, per assumere da domani l’incarico di Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue.
La scelta del premier Matteo Renzi è stata accolta con stupore dai media e dagli addetti ai lavori. Gentiloni, classe ’54, è stato ministro per le Comunicazioni nel secondo governo guidato da Romani Prodi. Fa parte della commissione Esteri della Camera e del comitato permanente Africa e questioni globali, ma non ha mai presentato alcuna proposta di legge che riguardasse temi internazionali.
Non proprio il profilo pensato da Giorgio Napolitano, dunque. Il presidente della Repubblica aveva espresso al presidente del Consiglio la richiesta di una figura di esperienza politica e competenza internazionale. Sulla prima parte ci siamo, visto che Gentiloni, oltre ad essere stato ministro, è stato assessore al Giubileo nella giunta capitolina di Walter Veltroni, ed è parlamentare da 4 legislature. Ma sulla competenza internazionale, commissione Esteri a parte, il curriculum del neo titolare della Farnesina appare carente.
Come si è giunti, dunque, a questa scelta? La decisione, sostengono ambienti vicini allo stesso Gentiloni, “è maturata nelle ultimissime ore, ancora ieri sera non si sapeva nulla”. Ieri, infatti, il presidente del Consiglio si era recato al Quirinale per quello che l’ufficio stampa di Napolitano ha definito “un primo scambio di opinioni” sulla scelta del nome per sostituire Mogherini. Segno evidente che la prima rosa di nomi presentata Da Renzi non andava bene al Colle.
Lia Quartapelle, 32 anni, deputata alla prima legislatura, è stata giudicata troppo inesperta. Marina Sereni e Marta Dassù parevano avere i requisiti giusti, e probabilmente sarebbero state gradite a Napolitano, ma non sono nomi sui quali Renzi puntava sul serio, perché non fedelissime del premier. Troppo franceschiniana la prima, e vicina a Massimo D’Alema la seconda.
Lo stesso problema di affidabilità pare aver stoppato Lapo Pistelli. Il vice ministro degli Esteri sembrava a molti il successore naturale di Mogherini. Grande competenza in campo internazionale e una esperienza maturata negli anni. Però è stato l’avversario usato dall’establishment del Pd per contrastare, senza successo, Matteo Renzi nelle primarie per il Comune di Firenze, trampolino di lancio dell’attuale premier.
La questione dell’affidabilità, dunque, sembra l’elemento principale che ha giocato a favore di Paolo Gentiloni. Non a caso è uno dei pochi politici di lungo corso scampati alla ‘rottamazione’ renziana. Con Walter Veltroni, il neo ministro fu tra i primi della vecchia guardia del Pd a schierarsi con Renzi. Gentiloni è quindi un uomo di cui il premier si fida, e poco importa se la sua esperienza internazionale non è spiccata. La scelta si presta a una sola interpretazione: in un contesto in cui il fermento internazionale è così elevato – con la sfida dei rapporti con la Russia da ricucire, l’Isis che destabilizza il Medioriente, la Libia che fatica a trovare l’uscita dal post Gheddafi, la Cina che assume un ruolo sempre più forte nel panorama mondiale – il premier vuole avere il pieno controllo della politica estera, e Gentiloni è l’uomo che glielo può garantire.