Un uomo senza dubbi, con poche idee, senza visione, concentrato sul proprio destino.
E’ un quadro tragico quello che lascia Josè Manuel Barroso di se stesso e dell’Unione europea dopo dieci anni. Dieci anni gli ultimi sei dei quali sono stati molto difficili, con una crisi finanziaria, economica e del lavoro che mai prima si era vista. Ma che lui, Barroso, ha gestito male, senza visione e senza idee, lasciando un continente i ginocchio. Non è stato solo lui, la responsabilità di scelte infauste va distribuita, ma non ricordo un solo atto, un solo gesto una sola “arrabbiatura pubblica” del presidente della Commissione con i governanti europei. Era lì, nell’onda e dall’onda si è fatto trascinare, occupandosi solo, apparentemente, di mantenersi al timone, come lui ha chiamato il suo ufficio al Berlaymont. Perché, e questo non lo dimentico, all’inizio di quest’anno Barroso timidamente avanzò (“se serve sono disponibile”) per la terza volta la sua candidatura al vertice dell’esecutivo europeo, ma nessuno, per un minimo di dignità, ha avuto la forza di prenderla in considerazione.
La sua responsabilità non è quella di non aver risolto la crisi, non solo. Non è questa perché anche gli stati hanno le loro gravi mancanze, per le loro ricette egoiste e miopi. La responsabilità del presidente della Commissione europea è stata quella di aver distrutto in questi dieci anni l’istituzione della quale è stato il massimo rappresentante: partiti populisti alle stelle, fiducia nella moneta unica crollata a livelli imbarazzanti, politica estera inesistente, una guerra alle porte dei nostri confini (anche qui, la responsabilità non è solo sua). La colpa è di non aver dato un ruolo all’Unione che non fosse quello di piegare la schiena ed obbedire ai governi. Il presidente Barroso non ha protetto l’Unione che gli era stata affidata. Si può anche perdere, ma con la schiena dritta, si possono anche fare delle cose sbagliate, ma si deve poi avere il dubbio di non aver scelto per il meglio. No, Barroso, che pure è uomo intelligente e simpatico, non ha dubbi. Ho sentito ben tre discorsi d’addio che ha pronunciato nelle ultime due settimane e sono state tre stanche, piatte, ripetizioni dei successi che ritiene di aver raggiunto e delle colpe che, sottolinea, a lui non sono imputabili. L’ho già scritto, nessun chiaro scuro, nessuna tonalità di grigio, nessuna sfumatura. Solo la granitica certezza di aver agito per il meglio.
Certo non sono stati anni facili, non lo sarebbero stati per nessuno, ma la scelta di aver messo l’Unione al servizio dei paesi membri più potenti e il fatto di non esser stato capace di prevedere nulla dei danni che andavano provocando (vedi l’ottimo e ampio commento di Lorenzo Consoli) grazie alle scelte compiute è una responsabilità che Barroso porterà sulla sua schiena a lungo. E sono convinto che lui queste cose le sappia.