L’Italia ottiene dall’Unione europea 42,6 miliardi di euro in fondi strutturali per il periodo 2014-2020. In base all’accordo di partenariato siglato tra il governo e la Commissione, l’Italia dovrà impegnarsi ad usare i fondi comunitari in modo efficiente. Novità, rispetto al ciclo di programmazione precedente, l’obbligo per le autorità italiane di presentare – assieme ai programmi operativi per il finanziamento dei progetti e la loro attuazione – dei Programmi di rafforzamento amministrativo (Pra), vere e proprie misure di snellimento dell’apparato amministrativo e di sburocratizzazione. L’obiettivo è duplice: da un lato abbattere una delle barriere che ostacolano l’utilizzo dei fondi, e dall’altro rispondere a una raccomandazione specifica che chiede all’Italia una riforma della Pubblica amministrazione in senso di maggior efficienza. Se questi piani Pra non saranno ritenuti soddisfacenti la Commissione potrebbe anche chiedere al Consiglio di non erogare i fondi.
Quanto alle risorse, queste arriveranno dai vari strumenti finanziari comunitari: Fondo di sviluppo regionale (Fesr), Fondo sociale europeo (Fse), Fondo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr) e il Fondo per la pesca (Feamp). Nello specifico, 32,2 miliardi di euro di finanziamenti totali arriveranno dalla politica di coesione, così ripartiti: 22,2 miliardi per le regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia), 1,3 miliardi per le regioni in stato di transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna), e 7,6 miliardi per le regioni più sviluppate (Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto e provincie di Trento e Bolzano). I restanti 1,1 miliardi di euro saranno destinati alla Cooperazione territoriale europea. A queste risorse si aggiungono i 10,4 miliardi di euro a sostegno di 23 programmi – 21 regionali e 2 nazionali – per lo sviluppo rurale. E non vanno dimenticati i 567,5 milioni di euro destinato all’Italia nell’ambito della Garanzia giovani, l’iniziativa per la creazione di occupazione giovanile. Complessivamente l’Italia avrà da qui al 2020 qualcosa come 43 miliardi di euro da sfruttare.
L’Italia dovrà però mettere sul piatto una cifra altrettanto consistente, dato che i programmi dell’Unione europea sono cofinanziati a livello nazionale (al 25% quelli per le regioni più svantaggiate, al 50% per tutte le altre). Ciò vuol dire nuova spesa per l’Italia, chiamata a reperire le risorse necessarie per poter spendere le allocazioni comunitarie. Regola vuole che per poter usufruire dei soldi europei i governi nazionali anticipino il pagamento dei propri contributi nazionali, e solo dopo l’Ue mette il resto. Il governo italiano ha chiesto di togliere la quota di confinanziamento nazionale dei programmi comunitari dal calcolo del debito e del deficit, ma al momento la Commissione europea non sta lavorando in alcun modo alla proposta.