Il cosiddetto quantitative easing, la più imponente stampa di moneta “dal nulla” che la storia ricordi, iniziata alla fine del 2008 dalla Federal Reserve, la banca centrale americana, si sta avviando alla fine. Da ora in poi – ma molti non ci credono – la Fed cercherà di fare opera di persuasione nei confronti degli operatori finanziari solo con le parole, come ha fatto finora (più o meno) il governatore della Bce Mario Draghi, a cui ora la Fed passa la palla per immettere liquidità sui mercati globali.
La domanda che ora molti si pongono, dopo quasi sei anni in cui la Fed ha stampato dollari a manetta per risollevare l’economia americana – portando l’attivo della banca centrale da circa 800 a 4.450 miliardi di dollari, cioè stampando oltre 3.500 miliardi di nuova moneta con un semplice click del computer –, è se l’economia americana può tornare ad essere abbastanza competitiva per giustificare un ritorno del prezzo degli asset americani a livelli superiori a quelli della crisi del 2008. Non bisogna dimenticare che mentre l’Europa ha il problema (che la Germania non crede tale) di essere troppo competitiva nel suo export verso il resto del mondo, con un surplus della parte corrente della bilancia dei pagamenti che ormai ha raggiunto il doppio di quello cinese (+318 miliardi), gli Stati Uniti hanno il problema opposto, e cioè un deficit pari a 389 miliardi. Questo significa che gli americani, che hanno già il più alto debito verso l’estero del mondo, debbono continuare ad indebitarsi per una cifra equivalente anno dopo anno.
A noi sembra improbabile che la competitività attuale dell’economia americana possa raddrizzarsi in tempi brevi. Il rischio è che i prezzi degli asset non tengano, nel senso che il loro prezzo non è giustificato e che senza la pompa della continua immissione di liquidità non ce la facciano. Non è neanche da escludere un improvviso crollo – con relativa nuova crisi finanziaria – se alcuni paesi, in primis la Cina, che hanno investito una gran parte del loro risparmio in T-bonds, dovessero iniziare a cercare una exit strategy. Per evitare il peggio, secondo noi la Fed inizierà molto prima del previsto a rialzare i tassi di interesse, dal livello vicino allo zero in cui sono finora riusciti a comprimerli.