Per nove anni segretario generale della Cgil, leader della battaglia per la salvaguardia dell’articolo 18 che nel 2002 portò al Circo Massimo di Roma circa tre miioni di persone, Sergio Cofferati è uno che di trattative ne capisce qualcosa. E la trattativa che ha portato alla formazione e poi all’approvazione della Commissione Juncker la boccia senza appello. Nonostante riconosca “l’importanza che il presidente sarà una persona votata dai cittadini europei”, e il fatto che “i commissari socialisti siano di un ottimo livello”, nella sua valutazione complessiva “gli aspetti negativi superano di gran lunga quelli positivi”, e per questo, a differenza degli altri esponenti del Pe e in controtendenza rispetto al gruppo dei Socialisti e Democratici di cui fa parte nel Parlamento europeo ha votato “no” alla fiducia al nuovo esecutivo comunitario.
Perché?
“Le ragioni sono tante. Innanzitutto la composizione numerica in cui il gruppo socialista è penalizzato. Siamo pesantemente sotto dimensionati rispetto a popolari e liberali mentre la composizione di Parlamento e Consiglio mostra rapporti di forza di altra natura. Ci sono poi poche donne”.
Sono solo 9 su 28, come nella Commissione Barroso
“Una cosa inaccettabile soprattutto per chi fa della parità di genere una delle sue bandiere, è una soluzione che mina le basi politiche che sosteniamo. Bisogna poi aggiungere poi che dei nostri 8 commissari solo 2 sono donne. Insomma il problema è in casa nostra”
Cosa pensa dei commissari non socialisti?
“Le regole non sono state rispettate, ci sono due commissari, Hill e Canete, in palese conflitto d’interessi. Approvandoli è come considerare la loro posizione un elemento di normalità. C’è poi un commissario di estrema destra alla Cultura. La cultura per noi europei è un valore fondativo e identitario, e noi l’abbiamo affidata a una persona che nel suo Paese ha dato prova di orientamenti reazionari e ha limitato le libertà di stampa”.
I socialisti però hanno esultato della nomina di Moscovici agli Affari economici
“Le deleghe che gli sono state date perdono di valore visto che sarà sotto il controllo dei popolari Katainen e Dombrovskis, che gli impediranno di fare il suo lavoro”.
Non le piace quindi la nuova formula scelta da Juncker con i vicepresidenti coordinatori?
“Questo modello organizzativo accentua la nostra sotto rappresentanza”
Il primo vicepresidente, e braccio destro di Juncker, però sarà un socialista, Timmermans
“In una Commissione con un Presidente popolare il fatto che il suo vice sia un socialista è solo una cosa normale, non certo una concessione che ci è stata fatta. Che poi avrà tanti poteri e potrà bilanciare le cose è tutto da vedere”.
Che pensa del discorso pronunciato ieri da Juncker al Parlamento?
“Le sue parole non lasciano presagire un cambiamento di rotta rispetto a questi anni. Ha soltanto ribadito il rispetto dei vincoli imposti in questi anni”.
Ha anche parlato di usare appieno la flessibilità contenuta nelle regole, crede non sia abbastanza?
“La flessibilità nelle regole c’era anche prima, quindi non vedo cosa cambi. E comunque anche se questa flessibilità fosse più marcata non sarebbe certo sufficiente a portare la crescita”.
E del piano da 300 miliardi cosa pensa?
“Quello è come l’albero di Bertoldo: non ci ha ancora spiegato in cosa consisterà, non ha detto se saranno fondi pubblici o privati, non si capisce da dove possano arrivare questi soldi”.
Avreste quindi dovuto bocciare il nuovo esecutivo?
“Dare a Juncker una delega dicendo ‘poi lo incalzeremo’ mi sembra piuttosto singolare come strategia. Se non si esercita il potere quando lo si ha, se non lo si esercita quando si forma la Commissione, quando lo si deve esercitare?”.
Ritiene che il Parlamento approvandolo con questi presupposti gli abbia dato una cambiale in bianco?
“Beh, non proprio in bianco, ma se si cede in maniera eccessiva poi non ci sono gli strumenti per poter contrastare”.
Una delle motivazioni per l’approvazione è stata la volontà di poter cominciare a lavorare quanto prima
“Un argomento non valido, questo per noi era il momento di contrattare, e non l’abbiamo fatto”.