Non è vero quello che ha dichiarato il presidente americano Barack Obama, e cioè che “se tu hai un business, non lo hai certamente costruito tu; qualcun altro l’ha fatto per te”. Conosciamo alcune persone (poche per la verità) che hanno abbandonato il loro (di solito ben remunerato) posto fisso per il desiderio di creare una loro azienda. Da quello che sappiamo, non ci sembra che abbiano avuto negli anni una vita tranquilla. Alcuni fortunati sono riusciti a fare del loro business un’attività di successo, ma ne conosciamo anche molti che sono crollati sotto il peso, per loro spesso insopportabile, della necessità di pagare a tutti lo stipendio a fine mese (e i relativi contributi).
In Italia non esiste, per nostra fortuna potremmo aggiungere, l’idea romantica del genietto che con il suo business rivolta come un calzino il resto del mondo, idea molto popolare presso i professori di management delle business school americane. D’altra parte, come tutti possono immaginare, tale idea sarebbe fuori posto nel Bel Paese. Chi si lancia, spesso avventatamente, a fare impresa si trova subito costretto ad una corsa ad ostacoli che sembra non finire mai, una realtà ben diversa da quella dei libri di testo: massimo della precarietà (neanche la sicurezza minima di un contratto a progetto); banche che mentre continuano a finanziare con centinaia di milioni aziende tradizionali decotte, chiedono subito il rientro dello scoperto bancario, se l’azienda incappa in un brutto anno; Irap che deve essere pagata comunque, anche se l’azienda perde; weekend che devono essere necessariamente dedicati alla cura del core business; i grattacapi con il socio, se ve n’è uno; il rischio sempre presente di un infarto causato dallo stress; ecc.
D’altra parte, anche nel paradiso del business, gli Stati Uniti d’America, la probabilità che una startup possa essere ancora viva dopo 5 anni è del 50%. Shikhar Ghosh, senior lecturer in management imprenditoriale alla Harvard Business School, che ha fatto uno studio su 2,000 società che hanno ricevuto fondi dai più noti venture capitalist americani tra il 2004 e il 2010 ha trovato che circa tre quarti di queste non ce l’hanno fatta. Il 30% sono state disastri totali, e le altre semplicemente non ce l’hanno fatta a quotarsi e così a remunerare quelli che su di esse avevano scommesso.
D’altra parte gli imprenditori, secondo John Gartner, che insegna psichiatria alla John Hopkins University, sono spesso degli squilibrati. Secondo l’illustre studioso, un numero imponente di coloro che si dedicano alla creazione d’impresa soffrono di ipomania, uno stato psicologico caratterizzato da una dose superiore alla media di energia e da una sconfinata autostima.
Per tutti questi motivi, questi ipomaniaci saranno grati al nostro premier Matteo Renzi se l’anno prossimo potranno ridurre il loro carico Irap e potranno assumere senza pagare contributi per tre anni.