Una fine di mandato piuttosto triste quella che è stata riservata a José Manuel Barroso. Nel suo ultimo discorso da Presidente della Commissione al Parlamento di Strasburgo il portoghese si è trovato a parlare in un’Aula per metà deserta e dove tutti i capigruppo, a eccezione dei popolari, hanno preso la parola per criticare i suoi 10 anni di mandato. I liberali, addirittura, non hanno nemmeno fatto parlare il loro leader, Guy Verhofstadt, e si sono fatti rappresentare dal secondo vice presidente, Pavel Telička. “Una lezione che abbiamo imparato dalla Commissione Barroso è la necessità di una leadership in tempi di crisi”, sotto la sua guida invece l’esecutivo “non ha utilizzato sempre il suo potere di iniziativa, e quando lo ha fatto è stato sempre ‘troppo poco e troppo tardi’”, ha dichiarato Telička.
Più severo ancora il capogruppo S&D, Gianni Pittella, che ha ricordato il primo discorso di insediamento di Barroso nel 2004 in cui “ci invitava a non abbassare la guardia di fronte ad apatia e scetticismo”. Oggi, dopo 10 anni, “il continente sprofonda nella disoccupazione”. “Mi spiace – ha aggiunto Pittella – che lei nel suo discorso non abbia nemmeno citato questa parola”. E in effetti anche dopo il richiamo del socialista Barroso ha continuato a evitarla pure nel suo intervento conclusivo. “Il peccato originale” del suo mandato “è stata l’austerità che ha impedito agli Stati membri di scommettere sul futuro”, ha attaccato ancora Pittella.
L’unico a difendere Barroso è stato il capogruppo dei popolari, Manfred Weber, che ha definito Barroso un “europeista convinto”. Ma pure Weber non ha potuto trattenersi dal dire che “forse ci voleva un presidente della commissione più aggressivo”, anche se poi gli ha concesso di aver fatto un “buon lavoro sostanziale”, del quale bisogna tratte un “bilancio straordinario”.
“La lezione che traggo da 10 anni di esperienza è l’importanza della cooperazione tra le istituzioni”, ha affermato Barroso nel suo discorso perché “non servono rivoluzioni ma compromessi e riforme”. “Non abbiamo raggiunto tutto quello che volevamo raggiungere ma abbiamo lavorato per il bene dell’Europa”, ha concluso il Presidente, guadagnandosi una breve standing ovation dell’Aula ormai mezza vuota. L’onore delle armi allora, glielo ha concesso Martin Schulz che, parlando dal banco del Presidente dell’Aula, ha dichiarato: “In dieci anni di vita politica in Europa ho potuto osservarla da vicino e penso si possa solo ringraziarla per tutti gli sforzi profusi per la sua idea di Europa”. Peccato che a quanto pare questa idea non fosse poi così condivisa.