Va avanti la procedura di infrazione dell’Unione europea contro l’Italia per l’Ilva di Taranto. Dopo le due lettere di messa in mora già inviate a Roma nei mesi scorsi, oggi l’esecutivo comunitario passa alla seconda fase del procedimento inviando alle autorità italiane un parere motivato. Nonostante “alcune carenze siano state risolte – evidenzia Bruxelles – si registrano ancora diverse violazioni della direttiva sulle emissioni industriali”. In particolare al nostro Paese vengono contestate “l’inosservanza delle condizioni stabilite nelle autorizzazioni, l’inadeguata gestione dei sottoprodotti e dei rifiuti e protezione e monitoraggio insufficienti del suolo e delle acque sotterranee”. L’Italia ha ora due mesi di tempo per rispondere ai rilievi della Commissione e se questa non rimarrà soddisfatta potrà decidere di portare il caso davanti alla Corte di giustizia Ue.
Già da tempo Bruxelles ha bacchettato l’Italia per non avere provveduto a fare sì che l’Ilva funzioni in conformità alla normativa Ue in materia di emissioni industriali “con conseguenze potenzialmente gravi per la salute umana e per l’ambiente”. Con due lettere di messa in mora (a settembre 2013 e ad aprile 2014) la Commissione aveva invitato le autorità italiane a mettere l’impianto a norma ma evidentemente la risposta dell’Italia non è stata sufficiente.
La maggior parte dei problemi, spiega l’esecutivo Ue, “deriva dalla mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell’acciaio”. L’Ilva, inoltre, “non rispetta le prescrizioni in numerosi settori” dell’autorizzazione per svolgere la sua attività ad alto potenziale inquinante. Di conseguenza “l’impianto sprigiona dense nubi di particolato e di polveri industriali, con conseguenze potenzialmente gravi per la salute della popolazione locale e per l’ambiente circostante”.
La Commissione riporta una situazione allarmante sia dal punto di vista ambientale che da quello sanitario: “Le prove di laboratorio – sottolinea – evidenziano un forte inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere”, non soltanto nel sito in cui sorgono le acciaierie di Taranto ma anche anche “nelle zone adiacenti la città di Taranto”, in particolare ne “quartiere cittadino di Tamburi” dove si evidenzia un inquinamento “riconducibile alle emissioni dell’acciaieria”.