I principali elementi di freno all’affermazione delle energie rinnovabili così come sono state delineate all’interno del pacchetto clima energia 2030, sono dati dall’atteggiamento tenuto dalla Commissione Barroso e dagli interessi della “vecchia industria”, rappresentata innanzitutto da BusinessEurope e Confindustria. Lo sostengono i Verdi europei, secondo i quali Barroso e la Commissione da lui presieduta non sono mai stati completamente positivi sull’efficacia dei provvedimenti del pacchetto clima energia di Europa 2030.
Rispetto all’acceso dibattito del 2007 sull’importanza delle energie rinnovabili, la discussione pubblica in merito al quadro della futura politica energetica e climatica europea è stata quasi del tutto assente. La conseguente mancanza di pressione ha fatto sì che “la spinta principale al dibattito provenisse dagli Stati membri, Germania e Danimarca in testa”, ha affermato Monica Frassoni in occasione di un incontro con la stampa italiana. Contro la volontà di questi stati di giungere ad un accordo il 23-24 ottobre, quando il Consiglio Europeo deciderà sulle proposte avanzate dalla Commissione per le politiche energetiche e climatiche di Europa 2030, si schiera l’opposizione guidata dalla Polonia e da altri paesi dell’Europa dell’est come Ungheria e Repubblica Ceca. Il risultato, ovvero la proposta di raggiungere il target del 27% di energie rinnovabili entro il 2030, secondo i Verdi europei, mostra la mancanza di ambizione delle istituzioni europee. Inoltre, notano i Verdi europei, se si considera l’attuale funzionamento del Sistema di scambio quote emissioni (ETS), in futuro il surplus nei permessi di inquinamento andrà a minare i tentativi di riduzione delle emissioni.
Un secondo ostacolo all’espansione di mercato delle energie rinnovabili sarebbe dato dalla scarsa rappresentanza a Bruxelles della nuova industria, in cui spicca l’esempio positivo di Tekna energy rispetto alla radicata vecchia industria, simboleggiata BusinessEurope e Confindustria.
Sebbene l’Italia non abbia espresso una posizione chiara in merito alle rinnovabili, i rappresentati Verdi europei ritengono vi sia “una forte spinta da parte del Ministero dello sviluppo economico a mantenere un basso profilo”. In altre parole, la promozione delle rinnovabili è vista negativamente e diverse sono le motivazioni additate. Innanzitutto l’Italia si presenta come il secondo paese più efficiente dal punto di vista energetico a livello europeo, dietro alla sola Germania. Inoltre, la penisola figura tra gli unici cinque paesi europei ad essere in dirittura d’arrivo per l’attuazione della direttiva di efficienza energetica. Di conseguenza, i vincoli posti da ulteriori provvedimenti europei implicherebbero per il governo italiano costi aggiuntivi da sostenere. Infine, secondo il Ministero dello sviluppo economico, a frenare l’avanzamento delle energie rinnovabili nel mercato italiano è il loro eccessivo costo. Tuttavia, secondo il gruppo dei Verdi europeo la realtà è un’altra ed è validata da un recente studio della Commissione: “Sovvenzioni e costi dell’energia nell’Unione Europea”. Il rapporto, svolto dalla società di consulenza Ecofys, mette in evidenza come carbone, gas e nucleare siano molto più care del fotovoltaico, eolico ed altre forme di energia rinnovabile. Secondo l’indagine carbone, gas e nucleare, oltre a godere di aiuti storici che generano tuttora esternalità negative, quantificabili tra i 150 e 310 miliardi di euro l’anno, possono contare su ingenti sussidi.
“Qual è l’immagine che l’Italia vuole dare di sé? Quella dell’Ilva di Taranto oppure quella di un paese in grado di coltivare eccellenze in ambito rinnovabili come Tekna Energy?” si è domandato ironicamente Claude Turmes. Secondo l’esponente verde, l’economia italiana ha un grosso potenziale per affermarsi nel settore delle rinnovabili, tuttavia è necessario che il governo sostenga queste nuove industrie. In tal senso secondo Turmes, Matteo Renzi sta svolgendo un ruolo positivo perché “sta facendo credere agli italiani che il cambiamento sia davvero possibile”.