L’Unione europea non è pronta a fare fronte ad un’ulteriore diffusione del virus ebola. Se da Bruxelles si è ormai messo in conto che “la crisi non è finita e non finirà presto”, a preoccupare è soprattutto la possibilità che l’epidemia possa rapidamente dilagare cogliendoci impreparati sotto diversi punti di vista. Per prima cosa l’evacuazione dei pazienti contagiati verso l’Ue: il collegamento è già stato messo in funzione ma, ad oggi, “possiamo evacuare fino a due pazienti simultaneamente mentre se ce ne dovessero essere di più diventerebbe complicato”, spiega una fonte della Commissione. Si tratta, ammette, di un “problema grave” per cui “continuiamo a cercare una risposta” e per cui l’esecutivo comunitario rimane in contatto costante con gli Stati membri. Quello che l’Ue cerca e per il momento non trova sono soprattutto “forze militari con capacità adeguate per l’evacuazione: ad esempio un aereo o una parte di aereo che possa essere isolata per pazienti sintomatici, e poi disinfettata e riutilizzata”, spiega la fonte Ue. Alcuni Stati “hanno già annunciato di poterlo fare” a partire dalla fine di ottobre, ma la ricerca continua.
Ma a mancare non è solo il personale per l’evacuazione. Visto che realisticamente l’epidemia non sarà messa sotto controllo a breve “la sfida è mobilitare più personale medico”, spiega ancora la fonte. Medici senza frontiere e le organizzazioni sul posto stanno facendo un grande lavoro, spiega, ma “non possono fare fronte all’emergenza da soli”. In questo momento in Liberia servirebbero il triplo dei letti disponibili: ce ne sono 1.100 e ne occorrerebbero circa 3 mila, e altrettanto accade per i medici. Per questo serve personale medico dall’Ue: “Lanciamo un appello agli Stati membri – chiede apertamente Bruxelles – perché possano reclutare volontari, formarli e inviarli in loco”. Certo per spingere i volontari a partire servirebbe almeno la garanzia di poter essere rimpatriati in caso di contagio. Cosa, che in caso di un aggravarsi della situazione, l’Ue non può più garantire.
Secondo esperti della Commissione europea, la cosa “essenziale” per limitare il contagio in questo momento è che siano garantiti “controlli all’uscita”, che verifichino le condizioni di salute dei pazienti in partenza dai tre Paesi più colpiti dall’epidemia e cioè Liberia, Sierra Leone e Guinea. “Si tratta della misura più opportuna e stiamo facendo di tutto con i partner internazionali per rendere più efficaci questi controlli”.
Bruxelles invece, non vede per il momento come essenziali i controlli all’entrata che alcuni Stati, ad esempio la Gran Bretagna hanno già deciso di introdurre agli aeroporti e che saranno al centro di una riunione in programma per domani tra i ministri della salute dei Ventotto. “Noi attualmente non raccomandiamo controlli in entrata”, spiegano dalla Commissione, soprattutto perché il virus “ha un periodo di incubazione fino a 21 giorni quindi una persona può viaggiare sentendosi bene, superare i controlli in aeroporto e sviluppare i sintomi dopo”. La cosa più importante, sottolineano invece gli esperti, è diffondere il maggior numero di informazioni possibile: tutti, ad esempio,devono sapere il numero da chiamare in caso di insorgenza dei sintomi o che non bisogna presentarsi all’ospedale senza avere chiamato prima le autorità. Senza contare che i controlli agli aeroporti dovrebbero essere piuttosto approfonditi per diagnosticare realisticamente i pazienti a rischio: “Se ci si basa solo sulla misurazione della febbre – avvertono gli esperti – ci saranno molti falsi positivi e gli Stati membri dovranno poi capire come gestirli”.
L’attenzione da parte dell’Europa è massima e così, assicura Bruxelles, gli sforzi contro il diffondersi del virus: fino ad ora sono stati garantiti 180 milioni di aiuti umanitari da parte dell’Ue e circa 300 dagli Stati membri ai Paesi più colpiti, ma “ancora non è sufficiente”. Una task force di Commissione Ue e Stati membri per fare fronte all’epidemia si riunisce ogni giorno e sono in corso anche test per provare ad individuare un vaccino, che diventerà tanto più importante se non si riuscirà a mettere sotto controllo l’epidemia. È già stata anche creata una squadra che, se un vaccino dovesse dare risultati positivi, sarà in grado di produrlo in grande quantità in tempi rapidi.
Per il momento, spiegano esperti Ue, “non si può parlare di pandemia” visto che il virus è diffuso ad una sola regione dell’Africa. L’importante è “evitare che lo diventi”: certamente , valuta Bruxelles, “non si diffonderà in Europa nello stesso modo in cui si sta diffondendo in Africa ma se l’epidemia continua dobbiamo aspettarci di vedere comparire diversi casi anche qui e dobbiamo essere pronti a trattarli”.