Arriva una nuova condanna all’Italia per i rifiuti. La Corte di Giustizia dell’Ue ha stabilito oggi che nel Lazio sono state stata violate le direttive 1999/31 e 2008/98 relativa alle discariche di rifiuti, a proposito di Malagrotta e altre quattro.
La direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti (insieme alla direttiva 2008/98/CE) si fonda sull’idea che l’interramento, analogamente a qualsiasi altro trattamento di rifiuti, debba essere controllato e gestito in modo da prevenire o ridurre i potenziali effetti negativi sull’ambiente nonché sulla salute umana. Nel 2009, la Commissione ha avviato un’indagine sulla violazione dell’obbligo di trattamento dei rifiuti riguardante la discarica di Malagrotta, nella Regione Lazio. Le autorità italiane hanno riconosciuto che il Ministero dell’Ambiente aveva autorizzato la Regione Lazio a collocare, fino al 31 dicembre 2009, rifiuti “tal quali” nella discarica. Nel marzo 2011, le stesse autorità hanno informato la Commissione che tutti i rifiuti conferiti in discarica a Malagrotta dovevano essere considerati come rifiuti “trattati”.
Secondo la Commissione “la mera triturazione e/o compressione dei rifiuti indifferenziati, senza un’adeguata selezione e una qualche forma di stabilizzazione delle diverse frazioni dei rifiuti, non risponde agli obiettivi della direttiva”. La Commissione ha inoltre contestato all’Italia il deficit di capacità di trattamento meccanico-biologico che risulterebbe dal piano regionale di gestione dei rifiuti, tanto nel SubATO (sub-ambito territoriale ottimale) di Roma, in cui si trova la discarica di Malagrotta, quanto nel SubATO di Latina.
A fronte degli argomenti dedotti dall’Italia nel corso della fase scritta del procedimento, la Commissione ha rinunciato alla richiesta di inadempimento relativamente alla discarica di Albano Laziale a Cecchina, ma ha mantenuto le proprie conclusioni nei confronti delle altre cinque discariche del SubATO di Roma (Malagrotta, Colle Fagiolara, Cupinoro, Montecelio-Inviolata e Fosso Crepacuore) e delle due discariche del SubATO di Latina a Borgo Montello. A suo avviso l’affermazione dell’Italia secondo cui l’utilizzo di altri impianti renderebbe l’intero bacino regionale del Lazio autonomo in materia di trattamento dei rifiuti “è contraddetta, da un lato, dalla dichiarazione dell’Italia secondo cui sarebbero stati formalizzati accordi nel 2013 per portare i rifiuti fuori da tale regione e, d’altro lato, dagli articoli di stampa relativi a tali accordi”.
Nella sua sentenza la Corte ribadisce che gli Stati membri “devono prendere le misure necessarie affinché solo i rifiuti già trattati vengano collocati a discarica. La nozione di ‘trattamento’ comprende i processi fisici, termici, chimici o biologici (inclusa la cernita), che modificano le caratteristiche dei rifiuti allo scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto o favorirne il recupero. Il trattamento deve essere costantemente adeguato al progresso scientifico e tecnico”.
La Corte riconosce quindi che al primo agosto 2012 (scadenza del termine stabilito nel parere motivato) la situazione nella Regione Lazio non era conforme alle prescrizioni della direttiva 2008/98 e dichiara che l’Italia, “non avendo adottato tutte le misure necessarie per evitare che una parte dei rifiuti urbani conferiti nelle discariche del SubATO di Roma (ad esclusione di quella di Cecchina), ed in quelle del SubATO di Latina non venga sottoposta ad un trattamento che comprenda un’adeguata selezione delle diverse frazioni dei rifiuti e la stabilizzazione della loro frazione organica, ha violato la direttiva 1999/31/CE e la direttiva 2008/98/CE e, non avendo creato, nella Regione Lazio, una rete integrata ed adeguata di impianti di gestione dei rifiuti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili, ha violato la direttiva 2008/98”.