Non soltanto nei Paesi in cui vigono sistemi autoritari o illiberali, la pena di morte continua ad essere diffusa, ed anzi lo è sempre di più, anche nelle democrazie. Nel 2013 ci sono state, contando soltanto quelle di cui si hanno dati certi, almeno 4.106 esecuzioni in 22 diversi Paesi: un balzo in avanti rispetto alle 3.967 registrate l’anno precedente. Ma questo non è l’unico aspetto preoccupante nei dati presentati al Parlamento europeo dall’associazione Nessuno tocchi Caino, in vista della nuova Moratoria universale delle esecuzioni capitali che l’Assemblea generale delle Nazioni unite voterà tra poche settimane, in dicembre. Non passa inosservato nemmeno il fatto che la pena di morte si sia ulteriormente diffusa anche tra le democrazie: se nel 2011 solo due Paesi democratici l’avevano messa in atto (Stati Uniti e Taiwan), nel 2012 il numero è cresciuto a cinque (comprendendo anche Giappone, Botswana e India), per arrivare nel 2013, con l’aggiunta dell’Indonesia, a sei democrazie che hanno effettuato esecuzioni.
I dati registrati nel 2013 sono comunque in contro tendenza rispetto a quelli registrati negli ultimi 15 anni in cui le esecuzioni erano invece in diminuzione: nel 2011 erano almeno 5.004, nel 2010 almeno 5.964. Il balzo in avanti è stato dovuto ai record negativi fatti registrare, in questo ultimo anno, in Iraq e Iran, che hanno entrambi segnato il numero più alto di esecuzioni rispettivamente da dieci e quindi anni. Tutti e due i Paesi si piazzano sul terribile podio della classifica dei Paesi-boia che vede al primo posto sempre e costantemente la Cina. Da sola Pechino ha ucciso almeno 3 mila persone (il 74,5% di tutte le esecuzioni registrate), l’Iran 687 (un numero ancora più alto di quello cinese se calcolato in proporzione al numero di abitanti) e l’Iraq 171.
Ad oggi 161 Paesi hanno abolito la pena di morte a diversi livelli: 100 l’hanno abolita totalmente, 7 l’hanno abolita per crimini ordinari, 6 hanno in atto una moratoria sulle esecuzioni, mentre 48 l’hanno abolita “di fatto” cioè non commettono esecuzioni da almeno dieci anni. A giugno 2014 i Paesi che ancora avevano la pena di morte erano invece 37, rispetto ai 40 del 2012: il numero sta gradualmente diminuendo negli anni.
In America, soltanto gli Usa continuano a compiere esecuzioni: nel 2013 sono state 39, in Africa invece 57 tra Somalia, Sudan, Sud Sudan, Nigeria e Botswana. In Europa l’unico Paese dove ancore esiste la pena di morte è la Bielorussia dove, nonostante nel 2013 non siano state riportate esecuzioni, nel 2014 già ce ne sono state due. Sui 47 più grandi stati islamici, 22 hanno tuttora la pena di morte. Nel 2013 le esecuzioni negli stati islamici sono state 1.022, in aumento rispetto alle 872 del 2012.
“Siamo uniti in questa battaglia a centinaia di parlamentari europei e migliaia di deputati dei parlamenti nazionali”, ha dichiarato intervenendo al Parlamento europeo il leader dei radicali, Marco Pannella: “C’è una cosa che ci ha ispirato e unito tutti: la scelta di optare per la vita, per la libertà e per la responsabilità sempre, anche per rispondere agli assassini”. Una battaglia importante per cui, lascia intendere Pannella, anche in vista dell’appuntamento di dicembre alle Nazioni Unite, l’Europa dovrebbe fare di più: “Il problema – dice – è se sono capaci di fari di più. Il semestre italiano è bene che riesca a sorprendere, io penso che sia possibile”.