Con un drammatico voto che l’ha spaccata in due (10 contro cinque, con un astenuto), la Commissione europea ha deciso, stamattina a Bruxelles, di dare il proprio via libera agli ingenti aiuti di Stato che il governo britannico intende dare a una nuova centrale nucleare, che sarà costruita nei prossimi 10 anni a Hinkley Point, nel Somerset, per un costo totale stimato di 31,2 miliardi di euro (la più cara della storia) e una capacità di 3,3 GW (il 7,7% della produzione elettrica britannica), ripartita su due reattori Epr dela francese Areva. I sussidi sono stimati a 20 milardi di euro.
La decisione era stata proposta ed è stata presentata oggi alla stampa dal commissario uscente alla Concorrenza, lo spagnolo Joaquin Almunia. Secondo fonti di Bruxelles, nonostante le fortissime pressioni del presidente, José Manuel Barroso, e della direttrice generale della Commissione, Catherine Day, hanno votato contro la decisione i commissari all’Ambiente, lo sloveno Janez Potocnik, e al Clima, la danese Connie Hedegaard, quello alle Politiche regionali Johannes Hahn, austriaco, e la responsabile della Giustizia e diritti fondamentali Martine Reicherts, lussemburghese. Tra coloro che hanno votato a favore, il commissairo all’Energia Guenther Oettinger, tedesco.
Gli aiuti di Stato consistono nell’impegno di Londra che il governo prende con gli investitori e costruttori della centrale (in particolare la sussidiaria britannica del gruppo Edf francese, Nnbg Generation Company Limited, e un gruppo di investitori cinesi) a finanziare il ritorno dell’investimento, garantendo per 35 anni l’acquisto dell’elettricità generata a un prezzo stabile predeterminato (pari a 92,50 sterline per MWh in prezzi del 2012), che sarà indicizzato all’inflazione.
Inoltre, il progetto sussidiato prevede due garanzie per gli investitori, una creditizia e l’altra politica: da una parte, il governo assicurerà con la garanzia di Stato le obbligazioni che saranno emesse per finanziare il progetto; dall’altra, la società che costruisce la centrale sarà protetta da qualsiasi modifica legislativa, politica, regolamentare o fiscale (inclusa la tassazione dell’uranio) che dovesse intervenire se, se esempio, un nuovo governo a Londra cambiasse idea, e volesse ridurre o annullare gli aiuti di Stato (o se magari, come ha fatto la Germania, si decidesse l’uscita del Paese dal nucleare).
Quest’ultima garanzia non significa che cambiamenti di leggi e regolamenti non sono possibili, ma che, se ci saranno, daranno titolo a compensazioni milionarie al costruttore della centrale.
Una clausola prevede espressamente compensazioni in caso di chiusura della centrale per “ragioni politiche”, menzionando “decisioni del Regno Unito, dell’Ue o di autorità competenti internazionali”). Il prezzo predeterminato e garantito (“Strike price”) significa, in pratica, che l’investimento è completamente al riparo dalle variazioni di mercato. Se nei prossimi anni prezzi di mercato dovessero calare, per esempio a causa dell’aumento della produzione di energia rinnovabile, o dell’aumento dell’elettricità disponibile a causa della costruzione di nuove interconnessioni e del completamento del mercato unico europeo dell’energia (tre fattori previsti dalle politiche Ue), i consumatori britannici dovranno continuare a pagare quello stesso prezzo ancora per decenni.
Si tratta, in sostanza, di una forma di sostegno pubblico simile alla politica di incentivazione delle rinnovabili che è stata decisa democraticamente dall’Ue nel 2008-2009 (con voto in Consiglio ed Europarlamento su proposta della Commissione), con la differenza che una decisione analoga per promuovere il nucleare non è mai stata presa. Qui è la Commissione da sola che ha preso la decisione, e che se ne assume la responsabilità.
L’indagine dell’Antitrust comunitario su Hinkley Point era stata aperta lo scorso dicembre. Durante i negoziati con le autorità britanniche, la Commissione ha ottenuto alcune modifiche, ma non sostanziali, del progetto: in particolare una clausola di ripartizione fra governo e investitori di eventuali profitti superiori al previsto, e un aumento del “premio assicurativo” che pagheranno i beneficiari per avere la garanzia dello Stato sui bond emessi.
Almunia, per giustificare la decisione, ha invocato l’articolo 194 del Trattato Ue, che lascia agli Stati membri la libertà di scelta del loro “mix” energetico. “Il Regno Uniti ha deciso di promuovere il nucleare e questo fa parte delle sue competenze nazionali”, ha puntualizzato il commissario, compiendo un salto logico non irrilevante fra i termini “scegliere” e “promuovere”.
La decisione, senza precedenti, sta già suscitando non solo le proteste delle Ong ambientaliste, dei Verdi europei e dei movimenti antinucleari, ma anche l’opposizione di alcuni governi dell’Ue, a cominciare da quello austriaco, che è pronto a ricorrere alla Corte europea di Giustizia (secondo l’eurodeputato verde lussemburghese Claude Turmes, relatore della direttiva Ue sulle energie rinnovabili del 2009, anche l’Irlanda e la Grecia potrebbero unirsi al ricorso).
Interrogato dai giornalisti sull’opportunità politica di prendere una decisione così controversa, a poche settimane dalla scadenza del suo mandato, il 30 ottobre, e dunque lasciando che sia la nuova Commissione Juncker a subirne le eventuali conseguenze, Almunia ha risposto ironico: “Spero di non essere arrestato”.
Lorenzo Consoli per TMNews