Come in Lettonia, così in Europa. È in questo spirito con cui Vladis Dombrovskis si prepara ad assumere l’incarico che Jean-Claude Juncker ha deciso di assegnargli come commissario designato per l’euro e il dialogo sociale. Forte dei risultati ottenuti nel proprio Paese, rimesso in carreggiata dopo una pesantissima crisi economica a colpi di sonore misure di austerity, l’ex primo ministro lettone non sembra avere intenzione di cambiare atteggiamento quando si troverà ad operare all’interno dell’esecutivo comunitario. “In Lettonia quando sono diventato capo del governo lo sviluppo economico era calato del 40%”, ha spiegato ai deputati europei che lo hanno ascoltato in audizione, ricordando che dopo la sua cura “nel giro di un anno, siamo tornati alla crescita” e ora “siamo uno dei Paesi con i recuperi più incredibili”. Insomma, perché cambiare?
Ai deputati socialisti che chiedevano una netta presa di distanza dalle misure di austerità e l’impegno a cambiare direzione, Dombrovskis ha ricordato: “Le misure di austerità sono state la conseguenza della crisi non la causa, non è che i Paesi stavano bene e improvvisamente si è deciso di avere adeguamenti delle loro finanze pubbliche, erano Paesi come il mio che vivevano squilibri enormi e hanno dovuto reagire in maniera urgente”. Certo, analizzando a posteriori, ha concesso, “potremmo trovare decisioni politiche sbagliate, ora dobbiamo rimediare a quegli errori per creare uno scenario di crescita sostenibile”.
Per il commissario designato nessuna responsabilità può essere imputata alla moneta unica: se la Lettonia è andata in crisi nel 2008-9, ha ricordato, “non è per colpa dell’euro poiché il mio Paese allora non aveva ancora adottato la moneta unica. Altri Paesi, che erano nell’euro, sono andati in crisi a causa dei loro squilibri fiscali”. Bisogna quindi “smettere di dare la colpa all’euro, i problemi dell’Eurozona sono causati da difficoltà finanziarie di alcuni Stati”. L’Euro, al contrario, è stato un successo: “I tassi di cambio sono vicini ai minimi storici, è stabile, il problema che abbiamo nell’Eurozona sono i problemi finanziari ed economici in certi Stati, non dobbiamo imputare tutte le colpe all’euro”.
E per evitare i problemi finanziari gli Stati devono rispettare le regole stabilite, senza sperare in troppe deroghe: “Dobbiamo applicare la flessibilità che già esiste nelle regole del Patto di Stabilità e crescita ma lo dobbiamo fare in maniera uniforme e trasparente assicurando un trattamento uguale per tutti gli Stati membri”, ha chiarito Dombrovskis. Pochi spiragli dunque per i Paesi che, come Italia e la Francia, chiedono piuttosto di valutare le specificità dei singoli Paesi.
E se il messaggio non fosse ancora abbastanza chiaro ci pensa il gruppo dei popolari a cui il commissario designato appartiene a ribadire: “Farà in modo che le regole di bilancio europee siano rispettate da tutti”. Anche sui rapporti di forza all’interno del nuovo esecutivo e in particolare con il socialista Moscovici, su cui il lettone in qualità di vicepresidente avrà diritto di veto, il Ppe calca la mano: Domrbovskis sarà “un nuovo forte Mister Euro”, uno dei “pesi massimi della nuova Commissione europea”.
Più diplomatico su questo punto il diretto interessato che nel corso dell’audizione, ai moltissimi deputati che hanno chiesto come sarà gestita questa “sovrapposizione”, ha assicurato: “Non sarò il suo supervisore o qualcuno che vuole manipolare o gestire il lavoro della commissione”, tra i due ci sarà un “lavoro collegiale, non una struttura a gradini”.
Ai deputati europei, il lettone ha però anche promesso di bilanciare i due aspetti del suo portafoglio, prestando la dovuta attenzione non solo al versante economico ma anche alla “dimensione sociale”: “Le nostre politiche devono mirare a ridurre ineguaglianza e la povertà. Quello che conta alla fine è diano risultati tangibili che migliorino la vita delle persone”, ha detto. In questo senso bisogna ripensare anche la Troika, che “è stata messa in piedi sotto pressione per aiutare a prevenire la catastrofe finanziaria ed economica” ma ora “deve essere gradualmente sostituita con una struttura più legittima dal punto di vista democratico e responsabile”, uno strumento che faccia “una valutazione non solo dell’impatto di bilancio ma anche degli indicatori sociali e dell’impatto sull’occupazione” delle misure prese.