Carenza di misure non detentive, lunghezza “eccessiva” dei procedimenti legali, e poi ancora elevato ricorso alla custodia cautelare pre-processuale. In sintesi, “la peculiarità del sistema italiano non è solo il sovraffollamento delle carceri”. E’ la conclusione a cui è giunto il Parlamento europeo a seguito della missione condotta dalla commissione Libertà civili nel nostro paese nel corso della passata legislatura. Il Parlamento scioltosi a maggio ha lasciato ai nuovi deputati europei un documento che non fa bella pubblicità all’Italia. L’esito della missione dalla delegazione della commissione Libertà civili evidenzia più criticità per il nostro paese. Il sovraffollamento delle carceri – si legge nell’analisi dettagliata – “non è solo il risultato dell’aumento del tasso di criminalità o l’aumento dell’efficienza del sistema investigativo e sanzionatorio”. Nossignore. “Il problema è legato anche all’eccessiva lunghezza dei dibattimenti, alla conseguente detenzione pre-processuale e l’assenza di investimenti in misure non detentive”. E poi c’è il problema tutto italiano della mafia. “Un problema specifico dell’Italia è l’elevato numero di membri affiliati a organizzazioni criminali”. Soltanto a metà del 2013 nelle carceri italiane si contavano 6.758 detenuti “collegati alla mafia”, denuncia la commissione Libertà civili. Praticamente un detenuto su dieci (10,5%) proviene dal mondo mafioso. Altro problema italiano sembra essere legato all’immigrazione: un terzo delle persone in carcere (35%) è formato da individui provenienti da altri paesi.
Date le premesse cosa l’Italia dovrebbe fare viene da sé. Il diritto penale dello stato membro, secondo la commissione Libertà civile, dovrebbe prevedere sanzioni non detentive per i reati “meno gravi”, l’adozione di misure per ridurre i tempi di emissione delle sentenze, “un maggior ricorso” all’istituto della libertà condizionata, una supervisione efficiente nell’esecuzione delle sentenze detentive tale da preparare “adeguatamente” il reintegro nella società una volta scontata la pena. La commissione Libertà civili invita inoltre a riflettere attentamente sull’indulto, non ritenuto lo strumento più idoneo a risolvere il problema del sovraffollamento delle carceri. L’organismo parlamentare ricorda che la legge sull’indulto approvata nel 2006 ha determinato la scarcerazione di circa 28.000 detenuti tra il 2006 e il 2011, ma un numero pari a quasi la metà (12.500) nello stesso periodo è finita in carcere. Un dato che “dovrebbe essere preso in considerazione nel dibattito” politico italiano.