Ripete che conflitti di interesse non ne ha, che è un forte sostenitore della lotta ai cambiamenti climatici, di avere una sensiblità verde. Sottolinea più e più volte che né lui, né sua moglie, né suo figlio, hanno più nulla a che fare con compagnie petrolifere, e alla fine ottiene il plauso solo di Ppe ed Ecr, con gli altri gruppi a rinfacciare un passato e un curriculum tutti da spiegare. Lui, Miguel Arias Cañete, ha il suo bel da fare: convincere le commissioni Ambiente e Industria che lui può essere un bravo commissario europeo per l’Azione sul clima e l’energia. Lo spagnolo, che il presidente eletto della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha designato per quel portafoglio, presenta il suo programma e la sua lista di priorità, ma il dibattito parlamentare si incentra su altro. “La sinistra ha fatto fronte comune e chiede solo della famiglia senza interessarsi se è competente”. Pilar Ayuso, Ppe, sintetizza così le tre ore di interrogazione a Cañete. Ma tra i critici c’è anche Sylvie Goddyn, non iscritta del Front National, una che proprio di sinistra non è. “Sono scettica sull’assenza di conflitto di interessi”, scandisca la francese.
Esponenti di tutti i gruppi accusano Cañete di non essere all’altezza per quello che è: un uomo fino a pochi giorni fa con azioni delle società Petrolifera Ducar e Petrologis Canarias, che operano con idrocarburi rispettivamente nel porto di Ceuta e di Las Palmas de Gran Canarias, e dove sempre fino a pochi giorni fa lavoravano moglie e figlio. Una situazione insostenibile, dato il portafoglio che dovrebbe gestire Cañete. Lo dicono praticamente tutti: S&D (Jo Leinen, Martina Werner, Eider Gardiazabal Rubial, Iratxe Garcia Perez), Gue (Paloma Lopez Bermejo e Iosu Juaristi Abaunz), Verdi (Claude Turmes e Michele Rivasi). E chi non contesta i legami con le compagnie petrolifere, contesta altro. “Le sue operazioni nei paradisi fiscali, magari legali, non sono certamente eticamente accettabili”, il rilievo dell’europarlamentare dell’Alde Ernest Maragall. E da tutti questi gruppi, per ben cinque volte, arriva la richiesta di chiarire sulla figura del cognato, presidente di Petrolifera Ducar e Petrologis Canarias.
“Ho venduto le mie azioni e mio figlio ha dato le dimissioni dal consiglio di amministrazione. Né mia moglie, né mio figlio, e nemmeno io abbiamo posizioni in queste compagnie petrolifere. La mia famiglia non ha interessi personali”. Cañete lo ripete come un mantra, offre sempre la stessa risposta. Eppure del cognato non parla mai, eludendo la domanda precisa. Si limita solo ad aggiungere che le due compagnie “si occupano di logistica, di trasporto”, e che “sono piccole, con quindici dipendenti”. Tradotto: che operazione di lobby potrebbero mai fare simili compagnie? Ad ogni, questa la promessa dello spagnolo, “se sarò nominato commissario sulla mia pagina web pubblicherò tutti gli incontri che terrò e il loro temi”. Un impegno che ricade nella sua agenda politica, che riesce ad esporre grazie al fuoco amico. “Sarà contento di sapere che non mi interessa sapere della sua famiglia”, l’esordio del britannico Ashley Cox, dell’Ecr, rappresentante di un paese che ha fatto delle fratture rocciose per la ricerca del gas di scisto una scelta stragica in campo energetico, proprio come la Spagna di Cañete. Altra polemica sollevata. “Ricordo che i trattati lasciano agli stati la competenza e la libertà di decidere nel campo delle politiche energetiche”.
Sul fronte comunitario, invece, Cañete è pronto – dice – a una vera e propria rivoluzione. “Vorrei che tutto il mondo associasse l’Europa alle fonti rinnovabili”. E poi i cinque anni che verranno, se lui dovesse essere eletto, saranno usati per consolidare l’Europa. “La vulnerabilità energetica europea è palpabile, e la sicurezza energetica deve essere una priorità politica”. Cañete ragiona su quattro pilastri: moderare i consumi energetici (“bisogna continuare con l’efficienza energetica anche oltre il 2020), vero mercato unico dell’energia (che significa “rete di interconnessione pienamente europea”), ridurre la dipendeza dell’Ue andando alla ricerca di nuove fonti e nuove rotte, (l’apertura del corrodoio sud è centrale in questo senso”), e incentivare sviluppo dell’innovazione e ricerca (“bisogna puntare su tecnologie a bassa emissione di carbonio”). Per l’immediato, invece, “la mia priorità assoluta come commissario sarà garantire l’approvvigionamento in autunno”. La crisi ucraina rischia di diventare europea.