Perugia, ovvero la città delle donne. E’ donna il presidente della regione Umbria, Catiuscia Marini, ed è donna anche l’assessore alla cultura del capoluogo Teresa Severini, sono donne (Maria e Adina) le responsabili delle relazioni internazionali della Fondazione che sostiene la candidatura a Capitale europea della Cultura 2019 che sarà decisa tra una ventina di giorni. E’ donna Sara, l’organizzatrice di uno speciale tour per giornalisti (quasi tutti di testate non italiane) invitati a vedere come la città si prepara a questo confronto con le altre cinque candidate rimaste: Siena, Ravenna, Cagliari, Lecce e la temuta Matera.
Forse è questa concomitanza di genere che poi ha portato a scoprire che chi tiene le fila del passato della cultura perugina, facendolo restare presente, e anche, forse, futuro, sono altre donne: Maddalena, che nello studio Moretti Caselli lavora il vetro come lo zio del nonno della sua bisnonna iniziò a fare proprio alla metà del 1800, e Marta, che in un ex chiesa molto speciale tesse con i telai del 1700, come già fece sua madre e le donne della sua famiglia da generazioni.
Son due visite che valono un viaggio a Perugia dai posti più lontani del Mondo. Da Maddalena che, giovane e forte, ormai però quasi da sola, gestisce il laboratorio di vetreria che la sua famiglia ha da prima dell’Unità d’Italia. E’ un posto magico, il posto dove è nata la vetrata della regina Margherita così perfetta da sembrare quasi cosa viva, tanto bella da essere diventata il simbolo delle celebrazioni al Quirinale dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Un posto dove con una pazienza infinita negli anni tra il 1925 e il 1930 due sorelle ripeterono in vetro l’ultima cena di Leonardo, un’opera monumentale, per degli originali americani, e nel fare la quale quale il volto del Cristo si spacco ben tre volte “ma quello del Giuda cinque!”, si affretta a sottolineare Maddalena. Un posto fantastico questo laboratorio ottocentesco in parte diventato museo, con sale nelle quali si mischiano armature, spade e croci, con gessi di mani di bimbi e piedi di santi, con una spinetta e un clavicembalo su un pavimento di legno perché così, dovesse scivolare a terra, il vetro si rompe un po’ meno…
Maddalena usa ancora forni nei quali hanno cotto generazioni di suoi antenati e come loro passa ore, giorni e settimane a tracciare le sottilissime linee sul vetro che poi diventano santi, montagne, cavalieri e dame, Gesù e laghi, profili di nobili e fiori inattesi. Disegna la vetrata Maddalena, cercando di nascondere il più possibile il piombo che unirà i vari pezzi e che solo da pochi anni non si produce più in casa “è pericoloso, ma ho ancora lì la macchina per trafilarlo”.
Si va poi da Marta, che manda avanti il laboratorio di tessitura a mano Giuditta Brozzetti nella prima chiesa francescana di Perugia, una delle prime nel Mondo, costruita mentre Francesco era a Perugia e nulla prova che lui stesso non abbia messo qualche pietra, nel 1212. Poi diventò, questo sembra un destino scritto da secoli, San Francesco delle Donne, perché quei locali divennero sede di un convento femminile. Nei secoli poi la chiesa perdette la sua funzione, fu sconsacrata e il padre di Marta la comprò perché era quasi nel suo giardino, senza sapere bene che farne. Marta, come sua mamma e sua nonna e le altre donne della sua famiglia sapevano bene che farne: ci misero i telai “che si sono sempre spostati con le donne mie antenate”. Quello che usa lei più spesso è del 1700, lo si può toccare, ma non usare, nessuno, neanche gli stagisti. Anche questo è un telaio magico però: Marta è dislessica, non può contare i passaggi della navicella quando tesse e dunque, forse unica al mondo, riproduce i disegni a memoria: li guarda e li sa rifare. Nel senso che prende un quadro di Raffaello e rifà le stoffe dipinte dal maestro.
Accanto in fila ci sono altri quattro o cinque telai più grandi, che arrivano ad avere 3.000 fili nell’ordito, ma sempre a mano funzionano e sono proprio del tipo che provocò i primi scioperi in Inghilterra dopo la rivoluzione industriale, perché potevano essere usati da una sola persona anziché due. Avanti indietro avanti e indietro, con gesti uguali da secoli si producono pochi centimetri di stoffa al giorno “e sapere questo basta a capire se quello che ti presentano è davvero fatto a mano o meno: se ne trovi rotoli non è fatto a mano”.
Però poi tutto cambia, e l’Umbria presenta le altre facce che non ti aspetti. Gli scatti colti dalle camere digitali di Steve McCurry, uno dei più famosi fotografi del Mondo, che umilia anche ci crede di conoscere l’Umbria ubriacandolo di immagini di posti e fatti che non ti aspetti, che ti fanno restare stupito e con le lacrime agli occhi per l’emozione di tanta bellezza e la fortuna di poterne vedere almeno un po’. Come è la bellezza, nota di Todi, a due passi da Perugia, dove i palazzi medievali sono stati per qualche giorno pieni di droni e di futuro già arrivato durante la prima manifestazione di “Appy Days”, la festa delle app, che ha abbassato l’età media delle persone in giro per la città alla soglia dei vent’anni.
E’ questa l’Umbria di oggi. Dove è difficile dire se è “soprattutto” terra di arte e di fede o di sfida del futuro. Una terra piccola silenziosa e un po’ appartata, che forse però non ci sta più a fare la parte della bella riottosa e vuole, ora prendersi lo spazio che merita.